“L’analisi condotta mostra come, assumendo come dati di input relativamente alla crescita dei flussi di merce e dei passeggeri e agli effetti di cambio modale quelli non verosimili contenuti nell’analisi costi-benefici redatta nell’anno 2011, il progetto presenta una redditività fortemente negativa”. E’ quanto si legge nelle conclusioni dell’analisi costi-benefici sul progetto del Tav Torino-Lione pubblicata oggi sul sito del ministero delle Infrastrutture e Trasporti.
“Nello scenario ‘realistico’ – prosegue il documento – il valore attuale netto economico (Vane), ovvero il saldo tra i costi e i benefici, risulta pari rispettivamente a -6.995 milioni considerando i costi ‘a finire’ (escludendo i soldi già spesi) e a -7.949 milioni qualora si faccia riferimento al costo intero”.
In caso di scioglimento del progetto del Tav il costo massimo tra penali e rimborsi potrebbe raggiungere i 4,2 miliardi. E’ quanto è possibile determinare sommando i vari importi contenuti nella Relazione tecnico giuridica collegata all’analisi costi-benefici del Tav. Molti sono importi massimi ‘difficilmente raggiungibili’. Tanto che nella relazione si spiega che “i molteplici profili evidenziati non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento”. La variabile è dovuta a “più soggetti sovrani” che dovrebbero negoziare gli importi.
Se non venisse realizzata la tratta Avigliana-Orbassano, limitando il progetto alla cosiddetta mini-Tav, il Valore attuale netto economico dell’investimento (Vane) con costi ‘a finire’ (escludendo i soldi già spesi) ammonterebbe a -6.138 milioni e quello calcolato con riferimento al costo intero a -7.093 milioni. In caso di mancata realizzazione della tratta i mancati benefici per i passeggeri regionali risulterebbero pari a 305 milioni.