Tutti contro il Movimento Cinque Stelle. Le Regionali abruzzesi di domenica prossima sembrano la sfida tra Davide e Golia. La piccola Sparta, difesa da un plotone di 28 candidati, contro l’esercito persiano di Serse il Grande, alla testa delle armate di Centrodestra e Centrosinistra, 392 uomini arruolati da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Partito democratico e una sfilza di liste civiche. Ma nonostante l’evidente squilibrio delle forze in campo, si profila un testa a testa.
Una battaglia all’ultimo voto, tra la candidata governatrice M5S e consigliera regionale uscente di Chieti, Sara Marcozzi, e il romano Marco Marsilio, lo “straniero” proiettato in quota FdI nell’agone abruzzese dalle intese stipulate tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, con l’ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, ad inseguire alla guida di un Centrosinistra in cui è riuscito a “camuffare” il simbolo del Pd in un rassemblement di 8 liste e 224 candidati.
In Abruzzo i grillini puntano a piazzare la bandiera a Cinque Stelle su quella che, in caso di vittoria, sarebbe la prima Regione italiana a guida M5S. La Lega, invece, sogna il sorpasso percentuale dell’alleato di Governo (nazionale), certificando i dati dei sondaggi con il primo test elettorale utile. è proprio sul Carroccio e sul suo leader in particolare, su cui pende una richiesta di autorizzazione a procedere del Tribunale dei ministri di Catania per il caso della Diciotti, che si concentra del resto la pressione maggiore.
Ma a Roma, i vertici del Movimento non sembrano temere contraccolpi sulla maggioranza e l’Esecutivo dal risultato dell’Abruzzo. “Almeno che la Lega non arrivi al 90%, chi glielo fa fare di rompere l’alleanza? Adesso Salvini è vice premier e ministro dell’Interno, se decidesse di mandare tutto all’aria per rifondare il Centrodestra insieme a Berlusconi, è così sicuro che riuscirebbe a vincere le elezioni? La Lega è salita così tanto e così velocemente nei consensi proprio perché si è affrancata dall’abbraccio mortifero con Silvio Berlusconi, se tornasse al capezzale di Arcore l’alto gradimento di cui gode tornerebbe a scendere altrettanto rapidamente”, ragiona un autorevole esponente M5S.
Una previsione, peraltro, suffragata dal sondaggio riservato che, stando a quanto rivelato ieri da La Stampa, Salvini avrebbe commissionato proprio per testare gli effetti di un possibile ritorno di fiamma con il Cavaliere. Il risultato sarebbe disastroso: il 30-32% su cui viaggia attualmente la Lega crollerebbe in un amen intorno al 25% in caso di una nuova alleanza con Forza Italia. Dati che, evidentemente, preoccupano non poco pure Berlusconi. Consapevole, come del resto i colonnelli del partito, che finché il Carroccio giocherà fuori dallo schema del Centrodestra, continuerà a drenare voti da Forza Italia. Sebbene, stando ai sondaggi, nelle ultime settimane l’emorragia sembra essersi arrestata.
Non stupiscono, quindi, i reiterati (e inascoltati) appelli (l’ultimo ieri in un’intervista al Corriere della Sera) a tornare a casa rivolti dall’ex premier a Salvini. Che, al momento, non ci pensa proprio. “La partita dell’Abruzzo è molto identitaria, non è traslabile in altre realtà”, ha detto Salvini gelando Berlusconi, nonostante la foto di gruppo, ieri a Pescara, per la campagna delle Regionali. Insomma, discorso chiuso, almeno fino alle Europee. Poi si deciderà. Ma nel Centrodestra a trazione sovranista che ha in mente Salvini, gli spazi per Berlusconi si fanno sempre più stretti.