Due giorni fa a Bergamo una ragazza di soli 25 anni è stata uccisa dall’ex che non aveva accettato il fatto di essere stato lasciato. Ieri, invece, l’ennesimo dramma si è consumato a Vercelli, dove un uomo ha speronato l’auto della ex e le ha dato fuoco. In entrambi i casi i due uomini erano stati denunciati dalle vittime. Ma, a quanto pare, a nulla era servito. Tragicamente. Ed ecco perché in questi casi dovrebbero essere le istituzioni a farsi carico di tale drammatico fenomeno.
Peccato, però, che anche da questo punto di vista la risposta della politica sia quanto mai insufficiente. Eppure, si dirà, al Senato, guidato da Maria Elisabetta Alberti Casellati, c’è una commissione d’inchiesta sul femminicidio “nonché su ogni forma di violenza di genere”. Vero. Peccato sia stata istituita solo con delibera del 16 ottobre scorso, pubblicata in Gazzetta la settimana dopo, il 25.
In pratica, dunque, sono passati dalle elezioni del 4 marzo otto mesi senza che neanche ci fosse una commissione specifica sulla grave piaga sociale italiana. Da allora, però, i 20 membri della commissione avranno preso in mano la situazione? No, neanche per sbaglio. Da ottobre, infatti, non c’è stata una sola riunione sul femminicidio. C’è di più: neanche sono stati nominati presidente, vicepresidenti e segretari. Il vuoto cosmico.
E peggio ancora va a Montecitorio, dove neanche esiste una commissione ad hoc. Eppure proposte in questo senso c’erano. Le parlamentari Renate Gebhard ed Emanuela Rossini (entrambe del Gruppo Misto) a inizio legislatura hanno presentato un disegno di legge per la “istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio” a Montecitorio.
Ma non è mai stata discussa, nonostante la proposta sia stata assegnata alle commissioni Giustizia e Affari sociali già ad agosto. A quanto pare, dunque, il tema non è una priorità per questo Parlamento. Non è d’altronde un tema minimamente affrontato nel contratto di governo gialloverde. L’unico riferimento è relativo all’opportunità di “impartire una specifica formazione agli operatori delle forze dell’ordine sulla ricezione delle denunce”. Dopodiché il nulla in merito a politiche di prevenzione ed eventuali fonti di finanziamento.
Non è un caso, d’altronde, che a vedere il bilancio di previsione di Palazzo Chigi e, più specificatamente, del dipartimento per le Pari opportunità, risultano pesanti tagli ai capitoli di spesa dedicati al contrasto al femminicidio. Se infatti, come La Notizia ha già ricostruito, alcuni finanziamenti (dalla Protezione civile alle politiche per i giovani e per le famiglie) sono notevolmente cresciuti, altri sono calati.
Qualche esempio per capirci: le “somme da destinare al piano contro la violenza sulle donne” sono passate da 35 a 33 milioni; il fondo destinato al “finanziamento dei programmi di assistenza e di integrazione sociale in favore delle vittime di violenza e di sfruttamento” è passato da 21 a 14 milioni di euro. Facendo un calcolo complessivo, i fondi per le politiche delle Pari opportunità sono calati quasi del 10% rispetto al passato. Un taglio notevole. Che fa il paio con una commissione che c’è. Ma non si vede e non si sente. In altre parole, non esiste.