Su Google, in queste ore, è una delle chiavi di ricerca più digitate. In tanti si sono chiesti cos’è il Franco Cfa? A prescindere da quale sia la posizione in merito, occorre chiarire alcune questioni. La moneta è utilizzata in 14 ex colonie francesi dell’Africa. Per un totale, come detto due giorni fa da Alessandro Di Battista su Rai1 (nella foto), da 200 milioni di persone circa. Non è un caso che la stessa sigla “Fcfa” stia proprio per “Franco delle Colonie Francesi d’Africa”. Parliamo, in sostanza, di due valute comuni a diversi Paesi africani, create nel 1945 e la cui convertibilità esterna è garantita dal Tesoro francese.
Il Franco Cfa viene utilizzato oggi in sei Paesi dell’Africa centrale (Camerun, Repubblica centrafricana, Congo, Gabon, Guinea equatoriale, Ciad) con banca centrale la Beac, la Banca Centrale degli Stati Africani. E in otto Paesi dell’Africa occidentale (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guina Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo) con banca di riferimento la Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale. Nel 1945 un Franco Cfa equivaleva a 1,7 franchi francesi. La moneta è andata poi svalutandosi nel tempo fino ad arrivare alla conversione in euro. Oggi un euro equivale a 659,26 Franchi Cfa.
Da sempre è un tema molto controverso in territorio francese e africano. Per i fautori del sistema, la moneta garantisce stabilità monetaria ai Paesi africani (che in questo modo non sono soggetti a volatilità); chi invece è critico con questo sistema (come i 5 stelle) ritiene che, stampando la moneta, la Francia goda di un privilegio in quei Paesi soprattutto in riferimento allo sfruttamento di manodopera e materie prime.