di Lapo Mazzei
Se potete non prendete impegni per stasera. Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, è l’ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo”, il programma de La7 in onda dopo il Tg di Enrico Mentana. Quella di oggi non sarà un’ospitata come le altre, legata alla promozione del nuovo libro (a proposito, se proprio non potete farne a meno, matteino domani presenta il volume “Oltre la rottamazione” all’Ara Pacis di Roma alle 12), ma una sorta di edizione speciale. Renzi, strano ma vero, ha soltanto timidamente commentato l’esito delle amministrative con una sobria intervista al Tg1 di ieri sera , nel corso della quale ha sostenuto che il Pd “può essere contento del risultato” è che i Cinque stelle sono passati dal “taglio dei parlamentari al taglio dei voti”.
Pillole di saggezza
Pillole di saggezza, non argomenti seri. Come sul governo: “sarà forte se farà le cose, se è un governo che chiacchiera e vivacchia trascinerà l’Italia in basso”. Catalano ringrazia. Ma con Enrico Letta non erano grandi amici? Boh… Salvo sorprese – sempre dietro l’angolo con il rottamator cortese – questa sera dovrebbe dire davvero la sua questa sera. Perché è quanto mai evidente che il risultato delle amministrative, a partire da Roma, consegna al Pd una bombola ad ossigeno con la quale affrontare i prossimi mesi. Il che, ovviamente, non vuol dire che l’elettorato di centrosinistra si è improvvisamente convinto che le larghe intese siano una malattia necessaria, come ha tentato di far credere il premier. Lodevole lo sforzo, pessimo il risultato.
L’Italietta del campanile
Molto più prosaicamente, dalle urne, è uscita l’immagine di una italietta ancora saldamente ancorata al campanile, che guarda alle cose romane con un certo distacco. Sino a quando le cose romane non mettono in discussione le questioni locali, però. E siccome Renzi è consapevole di questa evidente distonia fra il centro e le periferia dell’impero, meglio tacere. In attesa che le acque si siano calmate e arrivi il pulpito giusto per sermoneggiare. Per esempio sulla questione delle alleanze e sulla ricostruzione del centrosinistra, non più solo cartello elettorale, ma ragione sociale della premiata ditta Epifani-Vendola.
Il “Laboratorio Roma”
Prendete il cosiddetto “Laboratorio Roma” (ovviamente al netto del fatto che il guru romano del Pd, Goffredo Bettini, si vada intestando l’onere e l’onore di aver scelto Marino e di averlo portato al ballottaggio con ampio margine), ebbene i dati dicono che se il centrosinistra si sposta a sinistra i romani rispondono con favore. Insomma, l’idea dello splendido isolamento disegnata da Walter Veltroni quando decise di prendersi la segreteria del partito è morta e sepolta. Stando ai flussi elettorali del primo turno delle Comunali, che hanno visto il candidato sindaco Ignazio Marino prevalere sul sindaco uscente di centrodestra Gianni Alemanno di circa 12 punti, il Pd appare in flessione rispetto alle politiche di febbraio, mentre balza agli occhi il positivo risultato di Sel, che guadagna ben due punti crescendo dal centro alla periferia, vedendo addirittura il traguardo del 9,5% nelle sue roccaforti.
La strategia dei silenzi
Uno scenario che, se messo a confronto con il quadro nazionale, lascia emergere un altro dato: se in altre piazze italiane è la componente renziana a dare la spinta decisiva per i ballottaggi, a Roma la corrente del sindaco di Firenze non è altrettanto ben rappresentata. Nella città di Botteghe Oscure l’appartato conta più del vento di novità. Tanta materia sulla quale riflettere a lungo. E il parziale silenzio di Renzi è la dimostrazione che il sindaco di Firenze non può più pensare di tenere fuori dalla porta Vendola. Ovviamente se Atene piange, Sparta non ride. Fuor di metafora significa che anche il Popolo della Libertà ha le sue belle rogne. A partire dalla sonora sconfitta di Gianni Alemanno. Il silenzio imbarazzante di Silvio Berlusconi, che non equivale affatto a quello strategico di Matteo Renzi, la dice lunga su quale sia lo stato dell’arte all’interno degli azzurri e quanta sia la tensione.
La rissa a via dell’Umiltà
Tanto che tocca a Fabrizio Cicchitto offrire alla stampa una rappresentazione plastica della rissa in corso a via dell’Umiltà. “Il risultato non positivo di queste elezioni amministrative richiede che si apra una riflessione sul Pdl come partito”, ammette l’ex capogruppo alla Camera, “a nostro avviso non c’è contraddizione tra la leadership carismatica di Berlusconi e la costruzione, specie ai livelli regionali e locali, di un partito democratico in cui gli iscritti eleggano tutti i coordinatori. In sostanza, a mio avviso, Berlusconi deve essere sostenuto da un partito democratico e strutturato”. Altro che “esercito azzurro”.