Evitare la clausola di slavaguardia che farebbe schizzare l’Iva e che, da sola, vale qualcosa come 23 miliardi? Si può fare, sebbene non sia affatto facile. Ne è certo il professor Antonino Galloni, economista e presidente del Centro Studi Monetari. “Il Governo ha due assi nella manica per evitare l’innesco delle clausole di salvaguardia”.
Quali, professore?
“Se il nostro Stato dispone di risorse aggiuntive per far crescere il Pil e per fare investimenti adeguati nelle infrastrutture, è ovvio che si può evitare il salasso. Ed ecco il primo asso. Parliamo dei fondi che giacciono presso le Regioni per opere pubbliche e che non sono stati utilizzati. In totale, sono circa 60 miliardi”.
Il secondo?
“Il secondo riguarda il fatto che è stata modificata la contabilità dello Stato. Parliamo del superamento della regola contabile secondo cui gli stanziamenti non impegnati al 31 dicembre non potevano più essere impegnati. Questa regola è stata rimossa, secondo me intelligentemente. Credo che questo Governo lo abbia fatto proprio per sfruttare queste risorse”.
I due “assi” quanto potrebbero fruttare?
“Le due cose insieme permetterebbero una disponibilità di circa 150 miliardi. Una disponibilità teorica di oltre il 9% del Pil. Questa incognita è dunque quasi 5 volte più importante del rapporto deficit/Pil”.
Questo, dunque, permetterebbe di disinnescare l’aumento dell’Iva?
“Se il Governo dovesse riuscire a spendere questi soldi, cosa non facile, è chiaro che avremmo un balzo eccezionale del Pil. C’è poi un terzo asso, secondo me”.
Cioè?
“La possibilità di immettere nel sistema una quantità modesta ma non insignificante di moneta non a debito, di cui non si parla nei trattati europei. Non parliamo di banconote ma di biglietti di Stato, che non sono vietati dai trattati. Noi non abbiamo ceduto sovranità monetaria, quindi possiamo esercitarla”.
In questo modo potremmo evitare altri rischi di procedura?
“Probabilmente sì. Ma non è detto che aver evitato la procedura d’infrazione, sia stato un bene. Il bene sarebbe stato mettere in chiaro alcune cose, non evitare necessariamente la procedura d’infrazione. La guerra con l’Europa non è finita”.
Dice?
“Noi dobbiamo prepararci alla guerra. A seconda delle armi dell’avversario, dobbiamo avere strumenti adeguati. Se ci rinunciamo, la guerra l’abbiamo già persa in partenza”.
E quali potrebbero essere queste armi?
“Bisogna istituire un’agenzia pubblica di rating, altrimenti ci si trova scoperti. E rinegoziare il parametro del 60% nel rapporto debito pubblico/Pil. Nessun manuale di economia parla di sostenibilità del debito in questi termini. Quello che conta è il rapporto tra debito complessivo, quindi pubblico e privato, e Pil. E lì noi siamo un Paese molto virtuoso”.
Resta un altro argomento “rinviato” dal Governo: gli investimenti.
“Da quando io mi occupo di economia, gli investimenti hanno sempre rappresentato la spesa più comprimibile delle pubbliche amministrazioni. Più si ragiona in termini di riduzione della spesa e più si colpiscono gli investimenti. E ovviamente non è una buona notizia”.
Come si potrebbe intervenire?
“È un problema di regole. Un’idea potrebbe essere quella di fare in modo che gli investimenti siano fuori dal vincolo europeo”.