“Qui non si tratta di rincorrere numeri e numeretti che lasciano il tempo che trovano. Qui si tratta esclusivamente di mettere in atto ciò che il Governo desidera fare e ciò che è stato promesso in campagna elettorale ai cittadini”. Insomma, non c’è un vinto o un vincitore nell’eterna trattativa tra Italia e Commissione europea ormai – pare – giunta al termine. Ne è convinto il professor Antonio Maria Rinaldi, economista allievo del ministro Paolo Savona. Ma resta comunque una certezza: “Chi dice che l’Italia ha calato le braghe, sbaglia. E lo dice strumentalmente, solo per ragioni politiche”.
Quindi il Governo italiano non ha vinto, ma non ha neppure perso?
“Il Governo vince o perde alla prova dei fatti. Al di là del 2,04, 2,4, dell’iniziale 1,6%, al di là di qualsiasi numero e rapporto deficit/Pil, il Governo sarà giudicato se riuscirà effettivamente a porre in essere le promesse elettorali e quello che ha detto di fare al suo elettorato”.
Reddito di cittadinanza e Quota 100.
“Esattamente. Se il Governo riuscirà nel 2019 a mettere in atto questi due capisaldi, oltre ovviamente a tutti gli altri provvedimenti inseriti in Manovra, l’elettorato sarà soddisfatto. In merito a quei numeri che piacciono tanto a Bruxelles, se poi alla fine saranno quelli o saranno altri, per l’elettorato non cambia assolutamente nulla”.
Perché allora c’è tanta insistenza su questo rapporto?
“Le dico una cosa: tutte le Manovre precedenti sono state completamente disattese rispetto alle previsioni iniziali. Ma è inevitabile: quei numeri sono riferiti al rapporto tra deficit e Pil. Sappiamo che il Pil è un valore estremamente difficile da poter determinare preventivamente. Quindi è altamente improbabile che il 31 dicembre 2019 quel numerino corrisponda a quanto preventivato”.
Insomma il rischio è che si sta facendo tanto rumore per nulla?
“Proprio per questo io non mi focalizzerei molto sui numeretti tanto cari agli euroburocrati. Anche per un altro motivo”.
Quale?
“Le faccio qualche esempio: il bravo Monti fece un Def dell’1,6 e si ritrovò a fine anno col 3. Letta: sempre 1,6 e si ritrovò col 2,9% nel rapporto deficit/Pil. Per non parlare di Berlusconi che negli anni addietro arrivò al 5,3. Eppure non mi sembra che l’opinione pubblica si sia soffermata più di tanto su questo numero perché, giustamente, è considerato un numero decisamente aleatorio. L’importante è fare quel che serve al Paese e quello che il Governo ha promesso”.
Resta, però, la domanda: secondo lei l’Italia ha calato o no le braghe davanti all’odiata Europa? Si era partiti con il 2,4 e siamo scesi al 2,04…
“Chi dice che l’Italia abbia calato le braghe, lo fa solo per motivazioni politiche. Anzi: se proprio vogliamo essere precisi, l’Italia ha calato le braghe dal 1992 quando ha firmato il Trattato di Maastricht. Da allora è stato un continuo calo di braghe”.
E questa volta, invece?
“Oggi l’Italia ha un Governo che per la prima volta ha puntato i piedi. E questo è un dato di fatto. Per il resto saranno gli italiani a giudicare sulla base degli impegni che si riuscirà a mantenere”.
Al di là dell’eventuale opposizione di Bruxelles?
“Il nostro, non si dimentichi, è l’unico Paese europeo di un certo peso che non fa parte della tradizionale governance europea. Mi riferisco, nello specifico, al Ppe e al Pse. E quindi da Bruxelles stanno facendo una certa pressione e opposizione all’Italia, anche visto che all’interno del Paese le opposizioni hanno ben altri problemi da affrontare…”.
Intanto, però, stamattina (ieri mattina, ndr) inaspettatamente anche Moscovici ha parlato e aperto alla possibilità che ora, finalmente, la Manovra italiana venga approvata. C’è da fidarsi?
“Guardi, sarò onesto: io non mi fiderei mai di Moscovici…”.
Però?
“Però credo che in questo momento il commissario europeo sia più preoccupato a coprire l’assordante silenzio nei confronti della Manovra di casa sua”.
Crede sia imbarazzato, visto il ruolo che ricopre?
“Dico solo che non guardasse troppi peli qui da noi, perché altrimenti bisognerebbe parlare delle foreste che escono a casa sua”.