Il “Daesh è stato sconfitto sul campo, ma i suoi foreign fighters tenteranno di portare la guerra nelle nostre città”. Non ha dubbi il vice presidente del Parlamento Ue, Fabio Massimo Castaldo (M5S).
È tornato l’incubo terrorismo nel cuore d’Europa. Crede che abbiamo abbassato la guardia?
“Non direi che sia stata abbassata la guardia. Quella del terrorismo islamico è una minaccia tanto pericolosa quanto difficile da eradicare. Il pericolo maggiore proviene da giovani che sono cresciuti in Europa, le seconde e terze generazioni. A volte, dietro questa radicalizzazione ci sono ragioni ideologiche, ma nella maggior parte dei casi l’odio verso l’Occidente nasce nel contesto socio-economico degradato in cui questi giovani vivono. Ignorando le cause profonde che si nascondono dietro questi gesti vigliacchi non risolveremo mai il problema”.
La sede del Parlamento Ue di Strasburgo è stata subito blindata. Lei dove si trovava al momento dell’attentato e come ha vissuto quei momenti?
“Ero in aula a partecipare al dibattito sulla Relazione Annuale sui Diritti Umani quando una collega mi ha avvisato di quanto stava accadendo. La mia prima reazione è stata quella di sincerarmi che i colleghi e tutti i nostri collaboratori stessero bene. Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime e ai feriti, tra cui un giovane giornalista italiano. Auguro loro una pronta guarigione”.
Che aria si respira il giorno dopo nelle istituzioni europee?
“C’è ovviamente molta paura e tristezza per le vittime, ma noi cerchiamo di restare fiduciosi. La violenza non deve vincere sul diritto, la rabbia non può prevalere sulla ragione, la paura non deve sconfiggere la speranza”.
Perché questo attacco proprio ora? Non si diceva che al-Baghdadi era stato sconfitto?
“Daesh è stato sconfitto sul campo, ma i suoi foreign fighters e adepti tenteranno di portare la guerra nelle nostre città. Non sono Strasburgo o la Francia a essere prese di mira, ma è il mercatino di Natale. L’attacco mirava a colpire un grande raduno popolare. I terroristi vogliono costringerci a rinunciare ai simboli positivi della nostra civiltà”.
Non crede che il problema delle radicalizzazioni sia conseguenza di vaste zone d’Europa periferiche e degradate? Come si può intervenire?
“Dobbiamo rafforzare lo scambio di informazioni, il monitoraggio globale da parte delle autorità e lo scambio di buone pratiche tra le forze di polizia e di sicurezza europee. Bisogna in particolare sorvegliare meglio i soggetti segnalati come pericolosi se vogliamo prevenire fatti tragici come questo. Alcuni esperti hanno sottolineato l’esperienza positiva offerta da un approccio intersettoriale che si focalizzi sulla creazione di infrastrutture focalizzate sulle varie strade verso la radicalizzazione e sulle realtà demografiche a rischio”.
Quale dovrebbe essere la risposta dell’Ue a questo attacco e più in generale al terrorismo?
“Dobbiamo migliorare lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto. I sistemi informatici disponibili devono essere pienamente interoperabili tra loro. Così come l’azione sul contrasto al finanziamento del terrorismo deve essere più incisiva. Si dovrebbe anche prevenire la diffusione di contenuti che inneggiano o fanno l’apologia del terrorismo soprattutto on line. Poi, l’Europa dovrebbe favorire il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie. In ogni caso, gli strumenti da implementare devono poi anche essere usati: se manca la volontà politica tutto è inutile”.
Secondo lei anche l’Italia rischia di subire attacchi sul proprio territorio?
Non dobbiamo mai abbassare la guardia: ormai è chiaro che i “lupi solitari” possono agire ovunque e improvvisamente. Tuttavia confido molto nel lavoro dei nostri servizi che hanno maturato un’esperienza significativa sul campo nata nel contrasto del terrorismo degli anni sessanta e settanta e sono, a tutt’oggi, un punto di riferimento indiscusso a livello internazionale.