di Lidia Lombardi
Il film di Sorrentino? I romani si divideranno in due: da una parte quelli che lo manderanno a quel paese, dall’altra quelli che se ne faranno incantare, come fosse una sirena che ammicca ciò che vogliono sentirsi dire”.
Aurelio Picca, scrittore e poeta intriso di orgogliosi umori romani e civili – gli stessi riversati in “Addio”, il suo romanzo Bompiani dove tiene campo la Capitale degli Anni Sessanta, gli anni del boom e dell’incattivimento – si infila senza esitazione nella schiera degli “indignados” da “La grande bellezza”, unica pellicola italiana in concorso a Cannes.
Il film racconta il girovagare in una capitale stralunata e algida di Jep Gambardella, il solito virtuoso Toni Servillo nel ruolo dello scrittore di un solo romanzo in anni troppo lontani e ora giornalista mondano che vive di notte, tra la movida cafonal delle feste-vip e la sua terrazza neo-snob con vista Colosseo.
Una pellicola sontuosa – non foss’altro per lo stuolo di attori e comparse, di musica, di luci, di interni ed esterni – che in questo week end contenderà il primato del box office a Fast & Furious 6 e a Il grande Gatsby di Baz Luhrmann, con Leo DiCaprio (a proposito di cifre, martedì, proiettato per l’esordio in 360 sale, il film di Sorrentino ha incassato 149 mila euro e occupato la terza posizione, mentre Fast & Furious ha sbancato con 328 mila euro e Il grande Gatsby lo ha inseguito con 254 mila euro).
E però questa Roma vista dal buco della serratura di un milieu volgare e danaroso, ruffiano e saccente, di scrittori falliti e attricette, di giornalisti impegnati “de sinistra” e signore-bene, la Roma de “La grande bellezza” insomma, non è piaciuta per niente a Picca, che tanto di cinema e costume ha scritto. Muove a Sorrentino massimamente un rimprovero: “Ha speso il suo talento – dice a La Notizia – per un’idea piccola: perché ha preteso di spiegare la città attraverso cinquanta persone. Come se una corazzata sparasse contro quattro gatti. A che cosa serve, che cosa vuole dire? Come rappresenta, che so? la gente di San Basilio? E poi ho l’impressione che Sorrentino parli pro domo sua: dietro Jep Gambardella c’è lui. Lui che non ha in effetti avuto fortuna come romanziere, lui che trapiantato dalla Campania alla Capitale non si è riuscito a integrare. E allora se la prende con il mondo nel quale si è infilato. E vagheggia chissà quale bellezza, quale purezza. Infarcendo il film di luoghi comuni come la citazione di Celine, roba da diciottenni con la fissa per il maledettismo; oppure l’obsoleto cardinale festaiolo, che di tutto parla meno che di anima. O ancora con le comparsate del paparazzo Rino Barillari, di Antonello Venditti, perfino di Severino Cesari e Paolo Repetti, coppia einaudiana”.
Dell’addebito di fare il verso a Fellini Aurelio Picca precisa: “Io non sono uno stregato dal riminese. Ma il regista di 8 e ½ ha un’amarezza visionaria che non conosce mai l’ovvio. Rappresenta vizi esistenziali senza fare dei suoi personaggi macchiette. Invece Sorrentino è carico di rancore verso Roma, è un emigrante napoletano deluso, non un signore napoletano che sa vivere a Roma come Raffaele La Capria”.
Ma qualcosa salva, Picca. “La fotografia è affascinante, insieme con certe invenzioni registiche, per esempio il volo finale dei fenicotteri”.
Soprattutto però loda Sabrina Ferilli, nel film una spogliarellista che spende tutti i soldi per curarsi e invece muore.
“Interpretazione memorabile, che la reinventa anche nelle sue rughe, così come “er monnezza” Tomas Milian è stato rigenerato da Michelangelo Antonioni in Identificazione di una donna”.
Forse il film doveva finire con l’uscita di scena della bella di Fiano Romano? “Forse tagliarne mezz’ora gli avrebbe dato equilibrio”.
dalla popolazione ha salvato le fasce più deboli come era necessario. Tutta la vicenda però ha evidenziato una certa stanchezza da parte dell’Unione europea. Nel tempo forse la tensione fra paesi nordici e paesi del sud potrebbe portare ad una rottura in sede europea. Ma non ė un tema oggi all’ordine del giorno. Non ci sono tensioni separatiste che gravano sul nostro paese. Il problema dell’Italia ė legato profondamente all’instabilità politica ed ė qui che dobbiamo agire al più presto. Altrimenti per le imprese italiane non ci sarà più tempo!”.