Ci vuole un fisico bestiale. Quando si è appiccicato addosso l’etichetta del cambiamento il nostro Governo sapeva bene che non sarebbe stato facile e non sarebbe stato subito, e tutto sommato aveva messo in conto il fuoco di fila che stiamo vedendo, dalla Commissione Ue ai mercati, dagli scandali farsa sul padre di Di Maio al figlio Luigi che da giovanissimo ha fatto qualche lavoretto saltuario in pizzeria senza pretendere un contratto che al Sud e a quell’età gli avrebbe fatto ottenere solo un posto fisso al manicomio. Purtroppo in questo Paese la politica è di un cinismo spaventoso, e dunque ogni scusa è buona per buttarla in caciara.
Mi capita così di confrontarmi in dibattiti televisivi con colleghi giornalisti indignatissimi perché il lavoro nero è una piaga assoluta, senza però sentirgli dire quanto è stato lungo il loro canato, come si definisce in gergo la gavetta che più o meno abbiamo fatto e fanno tutt’ora i giornalisti prima di ottenere un contratto, accettando anche per molti anni rimborsi ridicoli se non il semplice “onore” di vedersi pubblicati con la firma. Troppo spesso assistiamo quindi a discussioni marziane, dove il mondo è capovolto: da una parte ci sono milioni di italiani che hanno dato il loro voto alle forze politiche che sostengono l’Esecutivo Conte (e che i sondaggi sono pacifici nell’indicare come ancora adesso convinti di questa scelta) e dall’altra una maggioranza schiacciante di opinionisti e sapientoni che provano in ogni modo a ridicolizzare i Cinque Stelle e la Lega.
Ovviamente la figura più ridicola la fa chi continua a dare lezioni su come aggiustare l’economia, l’Italia e il mondo con le stesse categorie mentali grazie alle quali l’economia, l’Italia e il mondo vanno a rotoli come vediamo. Pazienza! I movimenti sociali vanno per la loro strada e inevitabilmente travolgeranno anche questa sedicente classe intellettuale e dirigente, diventata pigrissima nel ragionare e tanto più arroccata sulle sue fallimentari posizioni quanto spaventata del nuovo che avanza. Solo così, d’altra parte, si può spiegare la strenua difesa di convenzioni politiche ed economiche che hanno largamente fallito, permettendo una gestione criminale della globalizzazione, il cui effetto è la fuga dalle parti povere del pianeta e la paura di chi vive nelle aree ricche. Di tutto questo i venti leader riuniti adesso in Argentina sono consapevoli, ma ci siamo illusi troppo a lungo sulla buona volontà di questi summit.
Proviamo perciò a fare ognuno per la nostra parte quello che possiamo, sforzandoci di aprire la mente ma anche pretendendo che il mandato popolare non sia stravolto. Un esempio, per capirci più facilmente, è quello di Forza Italia, partito che ha visto il suo leader Berlusconi cacciato da Palazzo Chigi per decisione dei mercati, che nel 2011 portarono lo spread a oltre 500 punti. A quell’epoca gli azzurri parlarono di colpo di Stato, ma adesso non si fanno scrupolo nel giustificare l’aumento dello spread come prova dell’inaffidabilità del Governo. Un’incoerenza grave se si parla delle opposizione, ma che diventa gravissima se arriva dalla maggioranza gialloverde.
Ora è chiaro che M5S e Lega sono due corpi molto diversi e che tra loro c’è solo un contratto temporaneo, ma una polemica al giorno li leva entrambi di torno. Scenario che diventa ancora più probabile se si comincia a litigare pure nelle singole case, come ormai da tempo sta facendo il Presidente della Camera Roberto Fico. Certo, probabilmente non è colpa sua, perché è certo che la sua poltrona a Montecitorio non porta benissimo (Fini e Boldrini insegnano) ma sostituirsi al ministro degli Esteri per condannare l’Egitto sul caso Regeni, o provocare Salvini giustificando l’assenza al voto sul decreto sicurezza, sono colpi bassi alla compattezza del Movimento, tra l’altro mentre il leader è sotto attacco per la sfacciata vicenda delle attività private del padre.
Fico sa bene, come lo sanno i cosiddetti dissidenti, che il 95% della base grilina ha dato un mandato a governare con la Lega, non a litigarci. Ignorare tutto questo, appellandosi alla sacrosanta libertà di ciascuno, significa prendere in giro gli elettori e soprattutto mettere in bilico tutto il lavoro fatto dal primo giorno di vita dei Cinque Stelle, perché i flussi elettorali non sono stati mai tanto liquidi, e ci vuole un attimo a finire dalle stelle alle stalle.