Un nuovo passo in avanti nella soluzione di casi criminali complessi. E’ infatti già possibile confrontare il Dna ottenuto dalle tracce biologiche rinvenute sulla scena del crimine con quello ricavato dai campioni salivari prelevati alla popolazione detenuta e archiviati in una apposita banca dati. Se a seguito del confronto in via automatica i due profili si riscontrano uguali, si ottiene il cosiddetto match.
Le attività avviate dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, nello specifico dal Laboratorio centrale per la Banca dati nazionale del Dna, consistono nella ricezione, l’ispezione e l’analisi dei campioni biologici prelevati a tutta la popolazione detenuta nelle stanze bianche, allestite presso gli istituti di pena, e nel successivo inserimento dei profili genetici estratti, nella Banca dati nazionale del Dna attraverso il sistema Codis.
Ad oggi, fa sapere il ministero della Giustizia, i profili genetici inseriti nella banca dati “hanno prodotto un risultato di successo pari a 42 match e due di questi hanno trovato riscontro in ambito internazionale combaciando con i profili Dna inseriti dalla Polizia di un altro stato estero a seguito di consultazione e raffronto”. E questo ha inoltre permesso di raggiungere l’importante obiettivo della cooperazione transfrontaliera, fissato dalla norma.
“L’attività compiuta dal personale dei ruoli tecnici della Polizia Penitenziaria – fa sapere ancora il ministero della Giustizia – ridisegna i compiti istituzionali del corpo della Polizia Penitenziaria chiamato, in questo modo, a partecipare attivamente alle attività investigative delle altre Forze di Polizia (Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza) ed alle indagini disposte dall’Autorità Giudiziaria”.