“Forse Salvini ha cambiato idea”, taglia corto il presidente della commissione Ecomafie, Stefano Vignaroli. Riferendosi all’inceneritore bloccato un mese fa dal Governo in Sicilia e a quelli che il vicepremier vorrebbe ora aprire in Campania.
Uno per provincia per l’esattezza…
“Vorrei sfatare un mito: chi dice no all’incenerimento non dice no agli impianti a prescindere. Gli impianti servono, ma bisogna puntare su soluzioni virtuose. La raccolta differenziata non basta se non ci sono gli impianti che trasformano in materia quei materiali, compresi quelli che oggi vengono considerati scarti da incenerire ma in realtà sono materie prime riciclabili. Basta investire a livello industriale e creare un mercato che riutilizzi i materiali di cui parlo”.
E come contate di arrivarci?
“In questa direzione abbiamo istituito un fondo per incentivare tale conversione. Da un punto di vista industriale, quindi, aprire un inceneritore a provincia non sarebbe strategico, perché per recuperare i soldi dell’investimento l’impianto dovrebbe prima ingoiare rifiuti per decenni. Gli imprenditori vogliono costruire inceneritori perché, per farlo, possono godere di molti incentivi economici: così è facile. Ma la musica con noi cambierà: sostituiremo gli incentivi per l’incenerimento con quelli per il recupero della materia. Lo dicono anche le Direttive europee”.
Come si spiega che Salvini oggi vuole aprire un inceneritore in ogni provincia campana, ma appena un mese fa il Governo di cui fa parte ha detto no a quello della Valle del Mela nel Messinese?
“Magari voleva fare un attacco politico agli amministratori campani. O magari avrà già cambiato idea di nuovo (ride, ndr). Noi di sicuro siamo coerenti nel portare avanti una nostra battaglia storica e nel rispettare ciò che è nero su bianco sul contratto di governo”.
Ha ragione Di Maio, quindi, a dire che il problema non sono i rifiuti della Campania ma quelli industriali che arrivano dal Nord?
“I rifiuti viaggiano dal Nord al Sud e dal Sud al Nord. Quando si parla di smaltimento, ci si riferisce ad una mole massiccia ed indistinta di immondizia, nella quale – come fa notare giustamente Luigi Di Maio – confluiscono rifiuti provenienti da tutta Italia. Nelle regioni settentrionali, però, sono state già sviluppate tecniche all’avanguardia”.
Per esempio dove?
“Il Veneto, è un’eccellenza mondiale perché ha pochi inceneritori, avendo scelto di puntare principalmente sulla raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale e sugli impianti di selezione, riciclo, compostaggio (anche se nel frattempo occorre creare una maggiore domanda di manufatti riciclati). Nello specifico, un modello virtuoso è quello di Treviso, da cui hanno preso spunto, per la parte della raccolta differenziata, già moltissimi Comuni campani”.
Nel 2008 il termovalorizzatore di Acerra doveva risolvere l’emergenza rifiuti a Napoli. Dopo 10 anni il problema è sempre lì.
“La gestione emergenziale dei problemi – specie di quelli così delicati – non paga mai, ma crea solo affanno istituzionale e fallimenti politici. Il riferimento ad Acerra non fa altro che sottolineare come la nostra posizione sia sacrosanta: gli inceneritori non risolvono la questione rifiuti, sono solo un palliativo”.
Chiarito il no a nuovi termovalorizzatori, come si risolve il problema?
“Produciamo troppi rifiuti superflui. Servono politiche serie di riduzione, a monte, della spazzatura. Le imprese hanno poco coraggio nel cambiare visione: basta vedere come hanno ‘accolto’ il vuoto a rendere, che stenta a decollare. Serve una corretta e virtuosa applicazione della cosiddetta economia circolare, unita a metodi tecnologicamente avanzati e alternativi. A partire da fiscalità premianti per la differenziata, dall’utilizzo delle materie riciclate, dall’implementazione di centri di riparazione e riuso dei beni riutilizzati e con una riforma del mercato dell’usato. Sul tema stiamo discutendo una mia proposta”.
Rifiuti zero, differenziata, riciclo. In molte città straniere sono già una realtà, perché in Italia sembrano spesso traguardi impossibili?
“Nemmeno all’estero le realtà virtuose sono così diffuse. In Italia in tema di riciclo abbiamo un ottimo know-how, occorre soltanto crederci di più. Quello che deve cambiare, come sta già succedendo grazie anche al contributo del ministro Costa, è la visione: fino a quando continueremo a pensare che chi farà le spese di una cattiva gestione sarà sempre qualcun altro – mentre invece ad essere penalizzati siamo noi stessi e i nostri figli – rimarremo all’anno zero”.