Ilva, il gigante della siderurgia oltre l’aria inquinava anche il mare. E la Procura di Taranto dispone un maxisequestro da 8 miliardi alla famiglia Riva

di Martino Villosio

“Il costo totale degli interventi necessari al ripristino funzionale degli impianti ‘delle aree a caldo’, quale conditio sine qua non per un possibile successivo risanamento ambientale, risulta stimato complessivamente dai Custodi pari ad euro 8.100.000.000”. La cifra è impressionante, e potrebbe non bastare, visto che dovranno essere aggiunte le somme – non ancora stimate – necessarie agli interventi di caratterizzazione e bonifica dei sistemi acqua-suolo sotto l’Area Parchi Minerari.
Dopo un anno di sopralluoghi e monitoraggi costanti, anche con accessi notturni, da parte dei custodi giudiziari, il gip di Taranto Patrizia Todisco presenta all’acciaieria più grande d’Europa e alla sua proprietà, sotto inchiesta per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, un conto a nove zeri. Un maxi sequestro preventivo che colpisce la Riva Fire e, in subordine, la controllata Ilva s.p.a., motivato in decreto di 48 pagine con l’ingentissimo risparmio economico realizzato, secondo il giudice, attraverso la intenzionale omissione nell’esercizio dell’attività produttiva delle necessarie misure di sicurezza e prevenzione.
È una sberla che fa il paio con il sequestro di un miliardo e duecento milioni di euro deciso dal Tribunale di Milano quattro giorni fa nei confronti della famiglia Riva. Il provvedimento blocca conti correnti, titoli e beni immobili non strettamente necessari all’esercizio dell’attività produttiva. E attinge a due relazioni depositate dai custodi giudiziari nominati dopo il sequestro delle aree a caldo del 26 luglio scorso.

L’avvelenamento dell’acqua
L’ultima è fresca, del 12 marzo scorso, e focalizza l’attenzione sui rilievi svolti da ARPA Puglia all’interno del canale di scarico nelle acque del Mar Grande del Golfo di Taranto. Controlli che hanno evidenziato il superamento dei valori delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione. Allo stato attuale, scrivono i custodi, non risultano intraprese attività di messa in sicurezza d’emergenza a garanzia delle persone e dell’ambiente in attesa di una bonifica per la messa in sicurezza permanente.

Le morti bianche
Il nuovo provvedimento del gip Todisco, però, non si limita a sferzare la proprietà e il management Ilva solo sul fronte ambientale. Lo stesso presidente dell’Ilva Bruno Ferrante è accusato, tra le altre cose, di non aver provveduto a pianificare adeguatamente le procedure operative per la gestione delle emergenze. “La mancata attuazione di un modello organizzativo e gestionale adeguato”, scrive il giudice, “ha rappresentato concausa non trascurabile in relazione agli infortuni occorsi negli ultimi mesi che hanno comportato lesioni gravissime di un lavoratore e il decesso di altri tre operatori”. Per il giudice, quegli operai stavano svolgendo la loro attività in assenza di di misure necessarie a prevenire i rischi per la loro sicurezza.