Un’idea di come il Governo gialloverde voglia rilanciare l’economia a suon di investimenti emerge nitida leggendo lo schema di decreto che in questi giorni l’Esecutivo ha sottoposto al parere del Parlamento. Entro il 22 novembre Camera e Senato dovranno esprimersi sul “Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese”. Un Piano, questo, che in realtà nasce con la precedente Legge di Stabilità, ma il cui budget è stato rimodulato secondo le esigenze e i desiderata dei gialloverdi. Parliamo, nel dettaglio, di 33 miliardi 530 milioni di euro che saranno stanziati fino al 2033 e che serviranno – si spera – per rilanciare l’economia italiana. Quanto importante sia questo Fondo lo si legge chiaramente nella relazione illustrativa che accompagna lo schema di decreto: “Il sostegno degli investimenti pubblici – si legge nel documento – rappresenta uno dei principali obiettivi della politica economica del Governo”.
A CHI VA COSA – Ma a questo punto andiamo a vedere nel dettaglio in che maniera si intende rilanciare il Paese. Le tabelle allegate al decreto parlano chiaro: si procederà in maniera progressiva. Per il primo anno preso in considerazione (il 2018, anche se verosimilmente i fondi verranno utilizzati l’anno prossimo) i soldi a disposizione saranno solo 717 milioni di euro; si salirà poi a 1,4 miliardi nel 2019; 2,1 nel 2020; via via tutti gli altri stanziamenti. I programmi di spesa, specifica ancora la relazione illustrativa, “potranno essere realizzati utilizzando i contributi, sulla base di criteri di economicità e di contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie” con una serie di soggetti come la Banca europea per gli investimenti, la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa e la Cassa Depositi e Prestiti, su cui non a caso tanti esponenti di Governo, a cominciare da Giovanni Tria, hanno insistito. Nella speranza che non ci siano più stragi per il crollo di ponti, è un bene che il capitolo di spesa maggiormente finanziato risulta essere proprio “trasporti e viabilità”, su cui nel giro di 15 anni, secondo i piani del Governo, pioveranno 8,8 miliardi di euro. Tutti soldi che gestirà, ovviamente, il ministero oggi guidato da Danilo Toninelli. Anche qui, però, c’è da dire che si comincerà lento pede: 9 milioni nel 2018, zero nel 2019, 160 nel 2020 e via via in crescendo. Dettaglio non di poco conto: agli 8,8 miliardi si aggiungono altri 3,4 miliardi (gestiti non solo dal Mit ma anche dal ministero dell’Ambiente) relativi a “mobilità sostenibile e sicurezza stradale”.
Altro capitolo di spesa tenuto particolarmente in considerazione, in linea con gli ideali pentastellati più che leghisti, è quello relativo alle “attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni”, che beneficerà di 6,8 miliardi fino al 2033. Spazio, poi, all’edilizia scolastica e sanitaria con un finanziamento complessivo, stando alle tabelle consegnate in Parlamento, di 5,6 miliardi. Nell’inevitabile gioco dei pesi, tuttavia, c’è da dire che risultano decisamente stringati i fondi che il Governo ha stanziato per la prevenzione del rischio sismico (1,6 miliardi), per il dissesto idrogeologico (1,8 miliardi) e per la digitalizzazione delle amministrazioni (1,3). Senza dimenticare l’annoso problema della riqualificazione urbana delle periferie, capitolo che riceverà nell’arco di 15 anni soltanto 354 milioni di euro. Un po’ pochini visti anche gli ultimi, tragici, fatti di cronaca.
FORBICI SUI CONTI – C’è, infine, un altro aspetto da sottolineare. Se si prendono in esame non i capitoli di spesa ma i ministeri che riceveranno i fondi, scopriamo che, come promesso, le spese della Difesa saranno fortemente contenute (negli ultimi anni il Fondo per gli investimenti è stato utilizzato in massima parte per sistemi d’arma). Prendiamo il campo della “ricerca”: a parte 6 milioni per il 2018 e 4 per il 2019, la spesa è completamente azzerata fino al 2033. Ciononostante, quello diretto da Elisabetta Trenta resta il ministero che riceverà più fondi (dopo le Infrastrutture). Chiudiamo, però, con un’altra nota dolente: dal 2018 al 2020 su 2,1 miliardi complessivi, il ministero dei Beni Culturali non riceverà neanche un centesimo.