di Lidia Lombardi
Missing, desaparecido, agonizzante. E, quel che è peggio, nessuno seduto al suo capezzale. Il grande malato è il Festival Internazionale del Film di Roma, la manifestazione ideata dalla sinistra nel 2006 – costola del Modello Roma di Veltroni-Bettini – ed ereditata con fatica dalla destra nel 2008, con un Alemanno che l’affida a Gian Luigi Rondi e Piera Detassis e poi l’altr’anno – giravolta da 360 gradi e pressioni della “sora” Governatrice Renata Polverini – a Marco Muller. Perché desaparecido? Perché a sei mesi da quell’8 novembre 2013 fissato per l’inizio della ottava edizione è buio fitto non solo sul programma, ma sui finanziamenti. Un ritardo disastroso, mentre portano a casa film e contributi i festival di Venezia e di Torino, per restare nel Bel Paese. Significa che la kermesse cinematografica dell’Auditorium è in liquidazione, come si vociferava al passaggio nelle mani di Muller, che secondo molti non avrebbe retto più di un anno? Ne parliamo con Umberto Croppi, ex assessore alla Cultura del Comune di Roma, ora a capo dell’associazione culturale Una Città, tentato a correre per la poltrona di primo cittadino che si mette in gioco domenica prossima, poi tornato sui propri passi ma senza smettere di far da pungolo, come ha appena dimostrato a proposito del Premio Strega.
Croppi, insomma, come sta il Festival del Film di Roma?
“Male, come tante altre iniziative congelate a dopo le elezioni comunali, non avendo il Campidoglio più liquidità e dovendo riformulare con la nuova giunta il bilancio”.
Ma i tempi stringono.
“Già, ma tant’è, nonostante i nodi vengano al pettine. Si è a malapena salvato il Festival Letterature, che si tiene da giugno, stanziando 400 mila euro. Ma è nebbia sul Premio Strega, al quale il Comune non ha ancora versato il contributo dello scorso anno e non ha rinnovato l’impegno per il 2013. Anche il servizio 060606 vede scadere l’affidamento a giugno eppure latita il bando per rinnovarlo. Quanto al Festival del Film, l’edizione 2012 già partiva con un deficit di due milioni, per l’arretrato dei fondi regionali. L’indebitamento è ulteriormente aumentato con la gestione Muller. Ora gli organizzatori, che dovevano aver già fatta la programmazione, si trovano senza nessuna garanzia”.
Quale scenario futuro?
“Non faccio previsioni ma ho ben chiaro un concetto: bisogna fare delle scelte, anche dolorose. E bisogna soprattutto evitare di imporre alla città una figuraccia internazionale, annullando la manifestazione all’ultimo momento”.
Intanto l’assemblea dei soci della Fondazione, fissata per il 15 maggio, è stata rimandata.
“Inevitabile, in attesa delle Comunali. E dovrà attendere oltre per prendere decisioni. Se ci sarà il ballottaggio, non avremo il nuovo sindaco prima del 10 giugno. Ma poi primo cittadino e giunta riusciranno a varare il bilancio a luglio. E le manifestazioni culturali nel frattempo restano legate al caso”.
I candidati sindaci hanno parlato vagamente del Festival.
“Alemanno e Marino hanno sostenuto che si farà, Marchini non mi risulta. Ma, ribadisco, non serve fumosa demagogia, serve una strategia”.
Strategicamente lei ritiene che il Festival faccia bene alla Capitale?
“Non è una priorità per sostenere la cinematografia a Roma. E qui bisogna fare una riflessione onesta. I soldi dati al Festival possono essere utilizzati in maniera diversa, specie ora che le risorse sono limitate. Si può rilanciare Cinecittà e favorire in città le produzioni, attualmente difficili e costose. Destinare fondi alla formazione di maestranze, che erano il fiore all’occhiello dell’industria cinematografica di Roma. Rinvigorire Film Commission. Invece andare avanti per forza d’inerzia da una parte mette a rischio la sopravvivenza del Festival, che costa il doppio di Cannes e molto più di Venezia e di Torino. Dall’altra storna denaro pubblico e degli sponsor da altre iniziative capaci di creare spettatori. Per esempio sono in forse – perché non hanno il contributo di 80 mila euro – “Cannes a Roma” e “Venezia a Roma”, che proiettano pellicole escluse dal circuito delle sale”.
Perché la kermesse ideata da Veltroni costa tanto?
Perché – e si badi che le prime edizioni toccarono la cifra di 17 milioni, poi ridimensionati a 12 – la Capitale soffre di problemi logistici. L’Auditorium non è una struttura ad hoc, come esistono in Laguna o sulla Croisette. Per adeguare alle proiezioni lo spazio di Renzo Piano servono speciali allestimenti.
Cinecittà non può essere l’alternativa?
“Lo avevo proposto quando ero assessore, ma ho riconosciuto la fondatezza delle obiezioni. Per riqualificare gli Studios sono necessarie risorse troppo ingenti. E poi non gioverebbe al Festival il decentramento sulla Tuscolana. Gli verrebbe a mancare il fascino di Roma centro, calamita irrinunciabile”.
Allora, addio Festival?
“Non è un’eresia. Ma, che sia una decisione economica o culturale, bisogna avere finalmente il coraggio di prenderla e smettere di crogiolarsi in una ambiguità dannosa all’immagine che all’estero si fanno della Capitale”.