Si scandalizza per il caso della mensa di Lodi, ma fa finta di niente sui migranti scaricati al confine italiano dalla gendarmerie francese. Cioè la polizia del suo Paese. Di certo se la missione a Roma del commissario Ue al Bilancio, Pierre Moscovici, doveva servire a riportare il Governo guidato da Giuseppe Conte a più miti consigli, non può certo dirsi che sia stata un successo. è stato del resto lo stesso premier, all’indomani della lettera-ultimatum che prelude alla bocciatura della Manovra da parte di Bruxelles, a mettere le cose in chiaro, ribadendo il concetto.
“L’ho detto. Non c’è motivo di cambiare. Iniziamo, ci sediamo attorno a un tavolo con la Commissione – ha ripetuto il presidente del Consiglio -. Quella lettera, che qualcuno ha definito una bocciatura, è in realtà un inizio di un percorso. Noi risponderemo lunedì, loro delibereranno successivamente. Ci confronteremo”. Insomma, la posizione del Governo non cambia. Mentre continua a recitare, a giorni alterni, la parte del poliziotto buono e di quello cattivo, l’allegra brigata di Bruxelles. Così, se il vicepresidente della Commissione europea, Jyrki Katainen, bullizza la “Manovra del popolo”, evocando il “rischio di contagio in Europa”, tocca proprio al collega Moscovici (lo sbirro buono) allentare la pressione, assicurando, invece, che “non ci sono” rischi contagio nella zona euro dopo l’innalzamento dello spread in Italia. Che, d’altra parte, con il loro incessante bombardamento di dichiarazioni, i falchi di Bruxelles hanno a più riprese contribuito a far impennare.
Ma non è tutto. “Rispetto la legittimità del Governo italiano, che è libero di scegliere di creare un reddito di cittadinanza, eliminare la povertà. La Commissione su questo non interferisce”, è arrivato a dire, ieri, ancora Moscovici. Come se, chiedere all’Italia di mantenere il rapporto deficit-Pil all’1,6% non equivalesse a dire che il reddito di cittadinanza non si può fare. E non finisce qui. “Tutti i miei interlocutori ritengono che l’Italia debba rimanere al centro dell’Europa e che i disaccordi sul bilancio siano discussi in ambito europeo”, ha aggiunto il commissario francese. Un ambito europeo – cioè Bruxelles – dove però, da Juncker in giù, tutti i pezzi da novanta della stessa commissione Ue, quel bilancio lo hanno già stroncato da settimane. Insomma, un gioco delle parti dalla forma istituzionale che non cancella la sostanza politica: la Manovra italiana, che per la prima volta risarcisce i ceti medio-bassi dei sacrifici fatti per pagare il prezzo della crisi, deve cambiare perché nulla cambi. Come nella riedizione in chiave contemporanea del Gattopardo, di Tomasi di Lampedusa.
Di certo, le oltranziste pretese di Bruxelles hanno avuto addirittura un merito. Contribuire a ricompattare l’asse M5S-Lega ad appena ventiquattr’ore dalla più grave crisi attraversata dalla maggioranza dall’inizio dell’avventura gialloverde. “L’ho detto ai Cinque stelle: non è il caso di litigare in famiglia, visto che abbiamo tanti nemici fuori, altrimenti campa cavallo che l’erba cresce”, ha detto ieri mattina il vicepremier Matteo Salvini, alludendo evidentemente al comune nemico dell’Europa. “Se mi chiedono di scegliere tra i diritti degli italiani e i mercati, scelgo i diritti degli italiani… I mercati vogliono molto più bene a questo Governo e all’Italia di quanto lo voglia l’Europa”, ha aggiunto il parigrado Luigi Di Maio. Tutto merito della Troika.