Monsieur Jean Claude Juncker non sa più a che santo votarsi. Dopo l’ultimo avviso di sfratto ai paladini dell’austerity – recapitato dalla Lettonia dove gli elettori hanno polverizzato il partito del suo vice Valdis Dombrovskis, altro pezzo da novanta dell’allegra brigata di Bruxelles – il presidente della Commissione Ue ha trovato una degna spalla a cui appoggiarsi negli ultimi claudicanti passi (colpa della sciatica, assicura lui) verso la via del tramonto. Quella dell’ex premier ed ex segretario del Pd, Matteo Renzi. Che dire, proprio una bella coppia: un anziano burocrate in attesa di licenziamento dai cittadini europei e un giovane vecchio già licenziato dal popolo italiano.
LEZIONI DI ASTROLOGIA – L’insolito (ma neppure tanto) duo ha debuttato sulle colonne del quotidiano francese Les Echos, che, non trovando niente di meglio da fare, ha festeggiato i 110 anni della fondazione ospitando il doppio intervento firmato proprio da Juncker e Renzi. “Dove sarà l’Europa nel 2038?”, hanno chiesto ai due esperti della materia obbligandoli a cimentarsi nell’oscura arte dell’astrologia. “Tra 20 anni l’Europa sarà più forte, più ambiziosa, più sovrana o non esisterà più, che piaccia o no ai nazionalisti e agli euroscettici di ogni parte. Non è la convinzione o il sogno di un vecchio europeista convinto, ma una realtà imposta dalla storia”, assicura il presidente della Commissione Ue. “Un processo storico si sta compiendo, i nemici dell’Europa l’hanno capito ancora meglio. Quelli che vorrebbero distruggere tutto, ripristinare le frontiere, le barriere e i passaporti. Potete chiamarli populisti, sovranisti, demagoghi: non importa. Il fatto è che hanno capito l’importanza strategica dell’Europa e, per loro, l’Europa è il nemico da abbattere. A qualunque prezzo. Io penso che nel 2038 avremo bisogno di più Europa, non di meno Europa”, gli fa Les Echos l’autorottamatore, trasformando in gol l’assist di Juncker.
AUTODISTRUZIONE – Peccato che si tratti della più clamorosa delle autoreti. Quale cura migliore, del resto, può esserci per rivitalizzare i consensi di un Pd ridotto ai minimi storici se non quella di firmarsi insieme ad uno degli uomini più odiati dagli italiani? Ah saperlo! Ma Renzi ci ha abituato a ben altre prodezze. E non stupisce poi più di tanto che, il difensore del precariato per legge istituito con il Jobs Act e il carnefice dell’articolo 18, non si faccia problemi ad accompagnarsi al sacro custode dei vincoli di Maastricht e del rigore lacrime e sangue che ha scaricato sugli ultimi (il popolo) gli effetti della crisi causata dai primi (le banche in testa). Resta un mistero cosa Renzi si aspetti di ottenere con questa strategia. Almeno che non coltivi, sotto sotto, il sogno di portare a termine il lavoro già iniziato: distruggere definitivamente il Pd.