Bisogna avere la testa di coccio, come dicono a Roma, per credere davvero che lo scostamento di meno di un punto sul deficit sia inconciliabile con il risanamento del Paese e gli obiettivi belli fissati dall’Europa. L’Italia in una situazione di grande disagio sociale ha chiesto una deroga più che ragionevole a un establishment che sente il terreno franargli sotto i piedi. Così, prima di essere spazzati via dalle prossime elezioni, i signori euroburocrati Moscovici, Dombrovskis e compagnia cantando hanno iniziato a fare i terroristi, scatenandosi contro il nostro debole ministro delle Finanze. Il chiaro preludio di una bocciatura della Manovra che farà schizzare lo spread, rallentare il credito e bruciare miliardi in Borsa. Con questa reazione l’Europa non solo conferma di aver perso ogni spirito di solidarietà tra i diversi Paesi e verso i cittadini – come d’altra parte vediamo da anni – ma si dichiara palesemente nemica di ogni schema che non sia servo dei mercati e dell’austerità che ingrassa i ricchi e lascia al loro destino i poveri. Un meccanismo infernale che si può provare a spezzare solo con grandissimo coraggio e pugno di ferro. Doti che in pochi nei Cinque Stelle vedono nel ministro Tria, preferendo persino in questa fase così delicata un passaggio di testimone a Savona. Operazione impossibile perché il Capo dello Stato si oppose al momento della nascita del Governo. Così il cambiamento resta schiacciato tra il Colle e Bruxelles. Ultimi baluardi di un mare in tempesta che dopo aver travolto tutti noi non risparmierà neppure queste sempre più deboli trincee.
L'Editoriale