Ormai è chiaro. Il pagamento di 150 mila euro da parte di Luca Parnasi alla fondazione Eyu, vicina al Pd, interessa ai magistrati romani. Proprio ieri, un po’ in sordina, l’imprenditore accusato di aver messo in piedi un vasto sistema di corruzione, accompagnato dagli avvocati Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, è salito al quarto piano della Procura di Roma per raggiungere gli uffici del pubblico ministero Barbara Zuin ed essere interrogato. Un breve faccia a faccia, durato poco più di un’ora, incentrato su questo aspetto dell’indagine e messo in relazione con alcune nuove intercettazioni telefoniche, non agli atti dell’inchiesta e che non è affatto scontato che ne faranno mai parte, intercorse tra il rampante costruttore e il tesoriere del Pd, oltre che presidente di Eyu, il senatore Francesco Bonifazi. Il politico, è bene ricordarlo, non è indagato. Intendiamoci, parliamo di un pagamento in chiaro e quindi regolarmente registrato. Non di uno dei tanti casi di denaro opaco o di difficile tracciabilità a cui troppo spesso assistiamo. Al contrario è tutto lì, scritto nero su bianco, e basta prenderne visione. Proprio come hanno fatto i magistrati a cui suona strano non tanto la forma della transazione, apparentemente corretta, quanto soprattutto la sua tempistica che farebbe pensare ad altro. L’importo, 127 mila euro più 23 mila di Iva, infatti, era servito per pagare uno studio commissionato da Parnasi alla Fondazione Eyu sul rapporto tra gli italiani e la casa. La stranezza, forse una semplice coincidenza su cui però la Procura intende vederci chiaro, è che tutto ciò avveniva proprio nel bel mezzo della campagna elettorale delle scorse elezioni politiche. Ad ogni modo il sistema messo in piedi dal costruttore romano, così come svelato dai magistrati di piazzale Clodio, serviva ad aggirare impedimenti burocratici e politici servendosi di chiunque. Tanto a destra quanto a sinistra, tutti venivano foraggiati. Lo aveva ammesso lo stesso Parnasi, finito ai domiciliari lo scorso 20 luglio proprio per quest’indagine, affermando: “sono i politici a cercarti per essere finanziati, e se non lo fai sei fuori dai giri che contano”. E la riprova di ciò appare evidente anche dal fatto che nel fascicolo, la cui titolarità è del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del pubblico ministero Barbara Zuin, sono presenti 25 indagati, tra cui molti politici, a cui, a seconda dei casi, i magistrati di piazzale Clodio contestano reati che vanno dalla corruzione al finanziamento illecito ai partiti. Una lunga lista di nominativi in cui è presente anche quello dell’ex presidente di Acea, l’avvocato Luca Alfredo Lanzalone, ritenuto molto vicino al Movimento 5 stelle.
La posizione di Eyu – Nei mesi scorsi la fondazione, per bocca del presidente Bonifazi, aveva già spiegato come non ci fosse nulla di strano in questa vicenda. Lo studio, realmente esistente e svolto da due ricercatrici dell’università di Bologna, era stato correttamente eseguito. Poi in relazione al clamore mediatico sollevato dalla vicenda, il tesoriere del Pd aveva affermato: “ai cultori del sospetto, vorrei domandare: che beneficio ci sarebbe a commissionare una prestazione di servizio a una fondazione, peraltro assolutamente evidente e verificabile, invece che emettere direttamente una liberalità al Pd, fiscalmente detraibile?”. Non solo, per le fondazioni l’unico obbligo di trasparenza consiste nella pubblicazione del bilancio “ma Eyu non si accontenta e va oltre” spiegava il senatore, infatti: “siamo forse l’unica fondazione che trasmette il rendiconto annuale alla Commissione per la trasparenza per i partiti politici come allegato al fascicolo di bilancio del Pd. Tutti i rapporti tra Pd e fondazione sono pubblici e verificabili”.