Tre dei quatto capi d’accusa ipotizzati per Matteo Salvini sono già caduti, l’ultimo impegnerà per mesi il tribunale dei ministri, altri magistrati e un mucchio di dipendenti pubblici, tutti a caccia di un reato che per moltissimi italiani è invece una medaglia sul petto del ministro. Tanto è vero, che la popolarità del leader della Lega è senza precedenti, mentre persino nell’area più legalitaria degli alleati Cinque Stelle e del Carroccio serpeggia la diffidenza verso l’intera magistratura. Una frattura dai risvolti imprevedibili. L’iniziativa presa ad Agrigento obbliga Salvini a difendersi e questo riapre la stagione dei conflitti tra politica e giudici. Il punto è che nella puntata precedente avevamo da una parte le Procure e dall’altra personaggi politici accusati di crimini riconosciuti come tali dall’opinione pubblica, come la corruzione. Stavolta invece il crimine ipotizzato per un ministro è formalmente di sequestro di persona, ma nei fatti si tratta di un impegno politico, per il quale c’è un ampio mandato degli elettori. Per la fiducia nelle toghe non sarà la stessa cosa.
L'Editoriale