La foto dei ministri Di Maio e Toninelli che scendono dall’aereo diventato simbolo degli sprechi del Governo Renzi resterà nella nostra memoria più di montagne di parole. Quell’Airbus è costato tra leasing e manutenzione 140 milioni, e considerando che non ha quasi mai volato è stato certamente un acquisto non all’altezza delle brillanti operazioni dell’allora premier in settori come quello immobiliare, giusto per fare un esempio. Eppure senza il nuovo Esecutivo questo giocattolo per megalomani continuerebbe a presentare il conto, succhiando soldi che solo una classe politica fuori dal mondo poteva accettare. Certo, Renzi è probabile che non ce la racconti tutta, e in fin dei conti quel velivolo già obsoleto alla firma del contratto ha tutta l’aria di essere un vietatissimo aiuto di Stato mascherato, ideato per favorire l’ingresso della compagnia Ethiad nel capitale di Alitalia. Fatto sta che Palazzo Chigi l’ha comprato, lasciando a tutti noi la fattura da pagare. Perciò aver detto basta non è solo il taglio di uno spreco, ma il segno di un cambiamento profondo nel rapporto tra chi governa e i cittadini. Nel primo mese di lavoro tutti i ministri e sottosegretari del Governo Conte hanno usato solo tre volte gli aerei di Stato, utilizzando sempre i normali voli di linea. Nello stesso periodo, per fare un confronto, l’Esecutivo Gentiloni decollò 12 volte e quello Letta ben 22. Siamo di fronte dunque a un radicale cambio di passo rispetto al passato. Uno stop non di facciata ai privilegi sulle spalle del Paese.
L'Editoriale