Ministro Bonafede, nell’illustrare le linee programmatiche del suo ministero in Parlamento lei ha ribadito l’intenzione di riformare le norme sulle intercettazioni. In che tempi e con quale strumento?
“La riforma delle intercettazioni ha certamente il merito di aver messo d’accordo tutte le parti: sono tutti contrari. Chiederemo sicuramente una proroga (della delega, ndr) e sarà un tempo utile a riscrivere totalmente il testo. Nel farlo, voglio usare quello che, in piccolo, chiamo il ‘metodo Bonafede’. Quindi sono già partite delle lettere a tutte le Procure distrettuali per chiedere il loro contributo sulla regolamentazione della materia. In seguito, ovviamente, ascolteremo anche gli avvocati ed eventualmente la polizia giudiziaria”.
Sulla prescrizione come vi muoverete?
“La riforma della prescrizione viaggia parallelamente ai provvedimenti necessari a snellire le procedure e a nuove dotazioni per gli uffici giudiziari. Sembrano argomenti diversi, che, invece, vanno nella stessa direzione: la certezza per i cittadini italiani di ottenere un servizio giustizia accettabile. Quello che non è accettabile, in uno stato di diritto, è che qualcuno, con responsabilità accertate, possa pensare di farla franca. Penso alla strage di Viareggio e ai reati che verranno dichiarati prescritti all’inizio dell’appello. Per questo abbiamo deciso di chiamare la riforma della prescrizione la “legge Viareggio”, così che ogni volta ci si possa ricordare del dolore dei familiari e della ragione che sta dietro al provvedimento”.
La legittima difesa è uno dei cavalli di battaglia della Lega. C’è compattezza su questo tema all’interno dell’Esecutivo?
“Le rispondo con un esempio. Lei si sveglia nella notte e si trova in casa qualcuno. Quindi agisce per tutelare la propria incolumità e quella dei suoi figli. È possibile che debba farsi tre gradi di giudizio per dimostrare che si è difesa da una minaccia? Ecco, quello che vogliamo fare – e su questo siamo compatti – è togliere le zone d’ombra dall’attuale legge. Dare, quindi, ai magistrati uno strumento chiaro col quale orientarsi in queste fattispecie”.
Ci sono state forti polemiche dopo la sentenza della Cassazione sul sequestro dei conti della Lega. Secondo lei è un episodio chiuso?
“Ho già detto come la penso. Ho notato che da quando è nato il Governo fanno sempre di tutto per metterci contro, ma secondo me, anche in questo caso, si utilizzano categorie del passato. Con la Lega abbiamo sottoscritto un contratto per il governo del cambiamento. E siamo impegnati a realizzare quanto messo nero su bianco”.
Che effetto le hanno fatto le iniziative di Salvini che inizialmente ha pensato di rivolgersi al Quirinale su questa questione che è squisitamente giudiziaria ma ha anche implicazioni politiche per il Carroccio?
“Mi è parso di capire che Salvini e Mattarella abbiano parlato d’altro. Quindi la questione non si pone nemmeno”.
A settembre si insedierà la nuova consiliatura del Csm. Qual è il contributo che possono offrire le correnti della magistratura? Ne auspica anche lei lo scioglimento?
“L’associazionismo in magistratura, ma come in ogni altro campo, è una cosa buona. Ne sono tanto convinto al punto che ho avviato un’iniziativa, Il ministro ascolta, grazie alla quale accoglierò in via Arenula le associazioni che gravitano nel mondo della giustizia. Quello che invece trovo aberrante sono gli effetti del cosiddetto ‘correntismo’: in alcuni casi è come se la magistratura avesse preso in prestito il peggio della politica”.
Un sondaggio ha rilevato di recente come la fiducia nei magistrati sia al minimo storico. Quali ne sono le ragioni?
“I magistrati italiani sono fra i più produttivi d’Europa. Credo che la sfiducia dei cittadini, in realtà, sia legata al mondo della giustizia tout court. E questo ce lo dicono le statistiche quando mostrano come la gente abbia quasi rinunciato a rivolgersi ai tribunali per ottenere giustizia. Questo è il dato che ci deve allarmare ma, contemporaneamente, stimolare al massimo a mettere mano alle regole. I processi, soprattutto quelli civili, sono troppo lunghi e costosi. E’ un disincentivo. Noi vogliamo invertire la rotta”.
Lei a quali misure sta pensando per scoraggiare le porte girevoli tra politica e magistratura?
“Personalmente ritengo che un giudice oltre a essere terzo, in ossequio ai nostri principi costituzionali, debba anche apparire tale. Non si può smettere la toga, indossare il completo di un partito e poi tornare a giudicare o indagare. Ma, ci tengo a sottolinearlo, il luogo principe di questo dibattito è il Parlamento”.