“Ciò che ha detto il premier Conte al termine dell’incontro con Macron mi pare giustissimo, bisogna fare muro con i tedeschi e ragionare con i francesi ma senza dimenticare che sono gli stessi francesi che vogliono cacciare l’Italia dalla Libia”. Ed è proprio la Libia secondo Giulio Sapelli, già professore di storia economica all’Università di Milano, indicato come possibile ministro dell’Economia del Governo Conte, la madre di tutti i dossier aperti con la Francia.
Professore, perché la questione libica è così urgente per gli interessi italiani?
A fine giugno si terrà a Vienna una conferenza proprio sulla questione libica. Ci saranno i francesi, gli spagnoli, i libici e noi dovremo presentarci preparati. è proprio sulla Libia, del resto, che si gioca la vera partita tra Roma e Parigi, con il Trattato italo-francese (il cosiddetto trattato del Quirinale la cui firma è prevista tra settembre e ottobre a Roma, ndr) curato sul versante francese da un ministro capace e competente come Bruno Le Maire e, su quello italiano, da due privati cittadini: gli ex ministri Franco Bassanini e Paola Severino (indicati nel gruppo dei saggi dal Governo Gentiloni, ndr).
Ma le pare il modo? Dal tono direi che lei lo considera sicuramente sbagliato…
Bisogna, innanzitutto, sapere cosa c’è in questo Trattato. Ed è necessario che se ne riapproprino subito i ministri competenti, Moavero (Esteri) e Savona (Affari Ue), prima che venga portato in Parlamento. E’ questo l’elemento di fondo, insieme alla questione Fincantieri che prima o poi dovrà essere affrontata, al centro delle relazioni tra Italia e Francia.
Ha apprezzato la linea dura dell’Esecutivo nella gestione dell’emergenza migranti ?
Assolutamente sì, perché ci mette in una condizione di forza nei confronti dell’Europa. Ritengo che in questa circostanza il ministro Salvini e, più in generale, il Governo italiano si siano comportati nel modo giusto”.
Ma non teme che, quando si tratterà di affrontare i nodi economici, l’Europa possa farcela pagare?
No, anzi. Vedo un rinvigorimento della nostra posizione con quella fermezza che ci servirà anche sul terreno economico. E’ chiaro che ci vorrà riservatezza nella gestione delle relazioni diplomatiche, ma dobbiamo far sentire la nostra voce, abbandonando le posizioni subalterne che l’Italia ha, invece, costantemente assunto con il Governo Renzi.
Intanto, però, si avvicina lo stop del Quantitative easing (Qe) di cui l’Italia ha molto beneficiato. Conseguenze?
Nel breve-medio periodo dovremo riflettere sulla politica disastrosa del Qe non accompagnato da una politica di investimenti. Bisognerà attivare la Cassa depositi e prestiti, il ministero del Tesoro dovrà spiegare ai mercati finanziari e agli investitori che l’Italia è un Paese sano, che ha un debito pubblico ma nel quale le famiglie non sono indebitate. Dobbiamo fare in sostanza ciò che si fa in tutte le altre Nazioni che noi non abbiamo fatto per anni. Perché lo sport di chi ci ha governato finora è stato quello di dare dell’Italia un’immagine falsa, soggiogata dal debito. Vedi le ultime dichiarazioni di Monti al Senato e quelle del Governo Gentiloni.
In questo quadro resta il nodo delle coperture per misure come la flat tax e il reddito di cittadinanza…
E’ ora di smetterla con la solfa delle coperture. Se non si negozia il fiscal compact le coperture non ci sono. Tutti gli Stati hanno sempre fatto debiti, gli Stati non sono le imprese e le famiglie che se si indebitano vanno in fallimento. Pagheremmo qualcosa in più sul debito pubblico – circa 600-800 milioni in più – faremo degli investimenti e riattiveremo la domanda e la crescita. Il professor Tria sa benissimo cosa c’è da fare”.