“O Savona o salta tutto”. Il senso del messaggio che Lega e M5s fanno filtrare a un certo punto di un’altra giornata – l’ennesima – passata con un nulla di fatto e con lo spread che ha chiuso sopra i 200 punti è inequivocabile. Né Matteo Salvini né Luigi Di Maio vogliono retrocedere di un millimetro sul nome dell’economista euro-critico, candidato numero uno per la poltrona di via XX Settembre in quota Lega (con la forte convergenza dei grillini), intorno al quale persistono le tante perplessità del Quirinale. A sera, il numero uno di via Bellerio rincara la dose con un breve quanto intenso post su Facebook, raccogliendo il ‘mi piace’ del capo politico del Movimento: “Sono davvero arrabbiato”.
Mentre si va delineando il resto della squadra che andrà a formare il Governo di Giuseppe Conte, infatti, il braccio di ferro con Sergio Mattarella rischia di portare allo showdown. Il premier incaricato, che stamattina ha visto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco (“incontro andato bene”, hanno riferito fonti del Movimento) prima di sedersi al tavolo coi due leader, è salito al Colle verso le 18 per un “incontro informale” di un’ora e mezza col capo dello Stato. Un modo per smorzare la tensione, salita a un certo punto sopra il livello di guardia, col Quirinale ancora irritato per il modus operandi dei due capi partito. Ma anche per ribadire con fermezza che sulla lista dei ministri il nome di Savona è scritto con l’inchiostro indelebile. Di conseguenza, slittano i tempi per il giuramento dell’Esecutivo del giurista pugliese, forse a inizio della settimana prossima.
Anche perché, alla luce dell’ambizioso contratto di Governo, Carroccio e pentastellati – ovviamente insieme al presidente del Consiglio incaricato – devono ancora trovare il punto di equilibrio su alcuni dicasteri chiave. A cominciare dalle Infrastrutture, dov’è in pole il leghista Stefano Candiani. Da sciogliere resta poi un altro nodo, quello relativo alla ‘fusione’ di Sviluppo economico e Lavoro: nel caso in cui si decidesse di tenerli separati, uno andrebbe a Di Maio e l’altro sempre a un esponente del Movimento. Chi invece non sarà della partita è Vincenzo Spadafora. Il braccio destro del leader 5S, in predicato di diventare il nuovo titolare dei Beni culturali, ha annunciato pubblicamente il proprio passo indietro. Arrivato, ma magari è solo una coincidenza, nel giorno in cui il Fatto Quotidiano ha rivelato i suoi stretti rapporti con Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici condannato in primo grado a 6 anni e mezzo per lo scandalo degli appalti del G8 de L’Aquila. E che Spadafora, in alcuni sms, chiamava “papi” definendosi ironicamente un “balduccino”.
Della squadra farà sicuramente parte Laura Castelli, che i rumors di Palazzo davano come possibile vice ministro dell’Economia ma che resta sempre in corsa per la Funzione pubblica. Agli Esteri, ormai fuorigioco il nome di Giampiero Massolo, è quasi certa la nomina dell’ambasciatore Pasquale Salzano, dietro al quale ci sarebbe anche la sponsorizzazione del collega Stefano Sannino, ex strettissimo collaboratore di Romano Prodi e Piero Fassino. Ci sono poi i nomi dei leghisti Centinaio al Turismo, Molteni o Fontana all’Agricoltura, di Bonafede (M5s) alla Giustizia, di Giulia Grillo (M5s) alla Sanità e di Elisabetta Trenta alla Difesa.