Sorride, Luigi Di Maio, quando passate da poco le 20.40 annuncia in diretta Facebook i risultati del voto sulla piattaforma Rousseau sul “Contratto per il Governo del cambiamento” sottoscritto dopo una lunga gestazione con la Lega. “Un plebiscito – dice senza mezzi termini il capo politico del M5s commentando la consultazione che si è svolta tra le 10 e le 20 –. Più del 94% degli iscritti del MoVimento 5 Stelle hanno detto sì. (…) Come certificato dal Notaio che ha garantito la regolarità del voto hanno partecipato alla votazione su Rousseau 44.796 persone: 42.274 hanno votato sì e 2.522 no”.
Il fatto che abbia deciso di esprimersi meno di un terzo dei 140mila iscritti al Movimento (dato diffuso da Davide Casaleggio lo scorso gennaio) non sembra preoccupare più di tanto il candidato premier dei pentastellati. Quello di oggi, infatti, era un passaggio decisivo per la nascita dell’Esecutivo giallo-verde. E, se adesso le cose dovessero andare male, se cioè dalla “gazebata” del Carroccio prevista per domani e domenica dovesse arrivare qualche brutta sorpresa, ‘Luigi’ avrebbe gioco facile a scaricare tutte le colpe su Matteo Salvini, contro il quale nel frattempo ha ripreso a cannoneggiare Silvio Berlusconi. I due leader lunedì dovrebbero tornare al Quirinale da Sergio Mattarella, orientato a discutere la lista dei futuri ministri solo col premier. Il problema però è che al momento, tra Di Maio e Salvini, non c’è accordo sul nome che guiderà il nuovo Esecutivo. Il Carroccio insiste sulla necessità di affidare Palazzo Chigi a una figura ‘terza’ rispetto ai partiti, anche se “promossa dal M5s”, puntando a ottenere in cambio ministeri di peso (a cominciare dal Viminale). Nella riunione coi dirigenti della Lega, Salvini non avrebbe fatto un nome specifico per l’incarico di presidente del Consiglio. Ma avrebbe messo in chiaro che l’idea sarebbe di affidare l’incarico a una “figura terza, di alto profilo e con un cursus politico, promossa dai 5 stelle e in seguito condivisa”.
Stando a quanto riferiscono fonti del Movimento, Di Maio avrebbe avanzato al Carroccio una “rosa di cinque nomi” dentro la quale non vi sarebbero solo nomi di figure ‘terze’ ma anche esponenti del M5s. Massimo riserbo sui nomi proposti, anche se fonti leghiste hanno spiegato che nella rosa figurano, per quanto riguarda la quota 5 stelle, alcuni di quelli già emersi nei giorni scorsi: l’ex direttore di Sky Tg24 Emilio Carelli più i fedelissimi di ‘Luigi’, da Vincenzo Spadafora ad Alfonso Bonafede passando per Riccardo Fraccaro e Vito Crimi. Ovvio però che lo stesso Di Maio, forte pure del risultato del voto su Rousseau, speri ancora che alla fine la scelta possa ricadere su di lui. Per ora l’ex vicepresidente della Camera gioca a rimpiattino, dice che il prossimo capo del Governo dovrà essere “un amico o un’amica del popolo” e che “se il problema sono io sono disponibile a non fare il premier”. Almeno a parole.