L'Editoriale

La strada che riporta alle urne

Vediamo se tocca perdere una scommessa e pagare dazio per aver assicurato a destra e manca che i nostri neoeletti parlamentari col cavolo segheranno l’albero sul quale si sono appena seduti. Abituati come siamo a vedere lapidata la coerenza verso gli elettori con menate varie – tipo ce lo chiede l’Europa – non avevamo ben considerato che ciascuno dei tre big politici in campo ha più motivi per votare che per fare un accordo di governo. Partiamo dal Pd, dove Renzi ormai si sa che non sa aspettare e perciò vuole subito la sua rivincita. Peggio di come è andato pensa di non poter fare e chissà che non si sbagli ancora una volta. I Cinque Stelle hanno un modello che prevede solo il comando assoluto. L’ultima concessione di Di Maio in zona Cesarini, cioè la disponibilità a non fare il premier, è chiaro che è solo un alibi per la campagna elettorale. Dunque o si arriva al fatidico 40% o non si può fare altro che stare all’opposizione. Nel Centrodestra, infine, Salvini può capitalizzare la lealtà verso l’intera coalizione andandosi a prendere il cucuzzaro, a cominciare dagli elettori di Berlusconi. Tutto questo ovviamente può avvenire a patto di non prendersi sulle spalle l’onere di misure impopolari come quelle che serviranno certamente per sterilizzare l’aumento dell’Iva. Dunque non c’è spazio per sostenere un Governo del Presidente o di tregua, e i signori parlamentari se ne dovranno fare una ragione e rimettersi in campagna elettorale. A meno di sorprese che oggi sembrano davvero lontanissime.