Secondo la stampa specializzata americana, Goldman Sachs – il nome più famoso della finanza mondiale – comincerà a breve ad investire in Bitcoin inizialmente trattando solo futures sulla criptovaluta e, in un secondo momento e se avrà le autorizzazioni necessarie, anche con l’acquisto e la vendita direttamente di Bitcoin. La notizia – se confermata, come peraltro sembra nelle ultime ore – rappresenta un ulteriore sdoganamento di Bitcoin paragonabile a quello seguito, lo scorso dicembre, all’apertura della Borsa di Chicago agli scambi in futures sulla criptovaluta. Un segnale che Bitcoin continua ad affermarsi nonostante gli andamenti erratici della quotazione (arrivata sino a circa 20.000 dollari mentre ora è intorno ai 9.200 dollari).
Bitcoin è, come noto, uno strumento di scambio usato su Internet con alcune caratteristiche che lo approssimano appunto ad una valuta. E’ stato creato da Satoschi Sakamoto, uno pseudonimo che nasconde forse una pluralità di persone (anche se l’imprenditore australiano Craig Steven Wright ha annunciato di esserne l’ideatore portando peraltro prove cui molti non credono). Il Bitcoin è riconosciuto ed utilizzato da una parte ormai significativa degli operatori della Rete; il suo valore commerciale è variabile e fissato in linea di principio. Lo sviluppo del Bitcoin è molto dovuto alla bontà della tecnologia che lo sostiene in particolare al sistema Blockchain. Quest’ultimo è un data base distribuito che sfrutta la tecnologia “peer to peer” ed è disponibile a tutti i navigatori della Rete; nella sostanza è un libro contabile che registra tutte le transazioni fatte in Bitcoin dal 2009 in poi.
Le transazioni sono rese possibili dall’approvazione del 50% + 1 di coloro i quali attivano Blockchain e che così diventano nodi della catena (chain). Quest’ultima si presenta come una serie di blocchi che memorizzano blocchi di transazioni recenti correlate ad un marcatore temporale, ogni blocco include i riferimenti (hash) del blocco precedente in modo da collegarsi appunto come una catena. Il tutto crea un sistema di verifica aperto che non ha bisogno di nessun benestare ”esterno” per far funzionare la transazione. Questo sistema si sta mostrando molto efficace tant’è che può essere utilizzato anche in ambiti diversi da Bitcoin. Può ad esempio garantire il corretto scambio di titoli, di azioni ma può addirittura sostituire gli atti notarili in quanto la certificazione dell’atto (la transazione) è garantita dalla maggioranza (50% + 1) dei “nodi” che partecipano anonimamente alla catena. C’è poi da aggiungere che la tecnologia sottesa al protocollo Bitcoin ha avuto, lo scorso anno, un importante upgrade denominato ”Segregated Witness” che ha corretto dei bug architetturali rendendolo molto più sicuro cosa che ha portato benefici anche alla tecnologia Blockchain. Insomma Bitcoin sta dimostrando di non essere solo il prodotto di una bolla speculativa (come molti sostengono, compresi i premi Nobel Krugman e Stiglitz) ma di avere i “fondamentali” per stare sul mercato e per poterci restare.