di Stefano Sansonetti
C’è anche il suo nome dietro le quinte dell’operazione che riguarda il riassetto di Camfin, ovvero la holding di controllo che conduce a cascata fino a Pirelli e a Prelios. Al momento nessuno è disposto a parlarne apertamente, ma secondo quanto risulta a La Notizia sullo sfondo dei movimenti che coinvolgono Camfin sarebbe spuntato anche Luca Cordero di Montezemolo. Un interesse che, ma solo per il momento, non avrebbe ancora avuto un seguito.
L’interesse di Montezemolo
Attraverso la Montezemolo & Partners Management, la società di gestione del risparmio che gestisce diversi fondi di investimento, il presidente della Ferrari ha valutato se essere della partita. Il tutto all’interno di uno scenario che lo avrebbe proiettato all’interno di una cordata pronta a rilevare una quota della holding controllata e presieduta da Marco Tronchetti Provera. Una sorta di cordata, in pratica, come quella in cui oggi compaiono il fondo Clessidra, guidato da Claudio Sposito, Unicredit e Intesa Sanpaolo, tutti intenzionati a formulare un’offerta pubblica d’acquisto per accaparrarsi fino al 70% della scatola. Il veicolo di Montezemolo, secondo quanto è possibile ricostruire, è stato proposto dalle banche chiamate in causa nell’operazione. Istituti di credito che hanno un ruolo a dir poco rilevante, se solo si considera il coinvolgimento di Unicredit e Intesa, peraltro creditirici di Camfin.
Lo scontro nella holding
Inutile ricordare che Camfin è uno dei santuari della finanza italiana, con in pancia il 26,2% di Pirelli, colosso della produzione di pneumatici, e il 14,8% di Prelios, società di gestione di servizi immobiliari con un portafoglio da 10 miliardi di euro. Ma la holding, nell’ultimo anno, è stata anche il teatro dello scontro tra l’azionista di maggioranza, Tronchetti Provera, e la famiglia genovese Malacalza (che ha il 12,4% in Camfin e il 30,9% di Gpi, che a sua volta detiene il 41,7% della holding). E anche per risolvere una volta per tutte questo scontro è in agenda la rivisitazione degli assetti azionari. Di sicuro ieri, in occasione dell’approvazione del bilancio, è andata in scena l’ennesima puntata dell’attrito tra Tronchetti e Malacalza. Un rapporto sempre più difficile, all’origine del quale c’è la decisione del presidente di Camfin di procedere a un’emissione obbligazionaria convertibile per la holding, anziché optare per un aumento di capitale come avrebbe voluto Malacalza. Era l’estate scorsa, ma nel frattempo la situazione non è cambiata. La tensione è affiorata anche ieri in assemblea, quando Massimo Pezzolo, rappresentante della famiglia genovese, ha annunciato voto contrario all’approvazione del bilancio. “Siamo seriamente preoccupati”, ha detto facendo riferimento al valore della partecipazione detenuta dal gruppo Malacalza nella holding: “Tutti gli elementi citati convergono sul fatto che la rivalutazione dell’investimento prospettata non trova riscontro”. Un’accusa a Tronchetti che non ha certo esitato a replicare. “L’investimento dei Malacalza ai valori attuali è circa 101 milioni”, ha ribattuto il presidente di Camfin, “e considerando le quotazioni degli ultimi tre mesi varrebbe circa 150 milioni”. Un affare, secondo il ragionamento di Tronchetti, visto che Malacalza ha acquistato tra il 2009 e il 2010 la stessa quota nella holding per 88 milioni, in parte detenuta direttamente in parte attraverso Gpi.