Cos’abbia in mente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per smuovere lo stallo delle consultazioni lo scopriremo, presumibilmente, la prossima settimana. Di certo, per adesso, c’è che, a complicare la situazione, sul tavolo del Capo dello Stato è piombata pure la grana della Siria. E i venti di guerra, che soffiano minacciosi sullo scenario mediorientale, suggeriscono al Colle un’accelerazione per dare all’Italia un Governo nel pieno delle funzioni anche, se non soprattutto, per gestire quella che già si preannuncia come la crisi internazionale più grave del nuovo Millennio.
Incognita siriana – Per ora, il premier uscente Paolo Gentiloni, giocando di sponda con la Germania di Angela Merkel, ha chiarito che l’Italia non parteciperà ad operazioni militari in Siria a differenza di quanto lasciano, invece, presagire le parole (e le intenzioni) del francese Emmanuel Macron. Ma se la situazione dovesse precipitare, come si comporterebbe il nostro Paese di fronte ad una richiesta della Nato di cui l’Italia fa parte? Fosse anche solo per concedere l’uso delle nostre basi strategiche, alla domanda occorrerà dare una risposta. E le distanze di vedute tra Mattarella e Matteo Salvini, leader di quella Lega alla quale spetterebbe indicare il nome del prossimo premier qualora partisse un Governo di Centrodestra, sono sotto gli occhi di tutti. Il Carroccio si è presentato alle elezioni del 4 marzo, condannando a più riprese, nel corso della campagna elettorale, le sanzioni adottate contro la Russia di Vladimir Putin, nonostante, a fronte delle ottime relazioni personali di Salvini con il Cremlino, i rapporti siano più che buoni anche con gli Stati Uniti di Donald Trump. Una posizione che lascia più di qualche dubbio sulla risposta che il segretario della Lega, nelle vesti di presidente del Consiglio, darebbe ad una richiesta di intervento in Siria da parte della Nato o finalizzata al semplice impiego delle basi italiane. Un “no” metterebbe in discussione lo stesso atlantismo dell’Italia.
Stella polare – Un atlantismo che, con l’irruzione della crisi siriana nell’agenda politica italiana, sta diventando, gioco forza, una sorta di stella polare per Mattarella nell’impresa di dare vita ad un possibile Governo. Non è la prima volta, del resto, che il Presidente della Repubblica si ritrova a dover fronteggiare una crisi internazionale di tale rilevanza. Gli era successo già nel 1999 quando, in veste di vice premier del primo Governo guidato da Massimo D’Alema, l’attuale Capo dello Stato sostenne e difese con forza la partecipazione dell’Italia, in ambito Nato, alle operazioni militari in Kosovo. “Occorre fermare i massacri di una assurda pulizia etnica e la comunità internazionale non può restare inerte di fronte a palesi e gravissime violazioni dei diritti umani in quella regione”, disse, intervenendo alla Camera, il 24 marzo 1999. Parole che prelusero al via libera per il decollo dei cacciabombardieri – con una quota anche italiana – da Aviano e dalle altre basi Nato dislocate sul nostro territorio nazionale per il secondo intervento militare italiano a carattere offensivo dalla fine della seconda guerra mondiale dopo la guerra del Golfo contro l’Iraq nel 1991. Il prossimo potrebbe essere quello in Siria. Insomma, corsi e ricorsi con Mattarella ancora protagonista in ruoli diversi. Ma sempre ispirato da quell’atlantismo che di certo non illumina la strada di Salvini.
Tw: @Antonio_Pitoni