Alla fine la deroga è arrivata. Concessa dall’Ufficio di presidenza della Camera che ha dato il via libera al gruppo autonomo di Liberi e uguali. Nonostante, alle Politiche del 4 marzo, il partito dell’ex presidente del Senato Piero Grasso (rieletto a Palazzo Madama) abbia raccolto appena 14 deputati contro i 20 che, regolamento di Montecitorio alla mano, servirebbero per costituire un proprio gruppo. Ma sulla base di una prassi ormai consolidata, l’organo di vertice della Camera ha concesso a Leu di dare vita ad una compagine parlamentare autonoma, che sarà presieduta da Federico Fornaro. Con vantaggi evidenti. A partire dalla partecipazione al riparto dei ricchi contributi ai gruppi (31,5 milioni solo quest’anno stando al bilancio di previsione 2018) in ragione della propria consistenza numerica.
Il paradosso – Per carità, tutto in piena regola e nel rispetto delle consuetudini. Anche se sorprende che, a chiedere la deroga, sia stato proprio Liberi e Uguali. Sul finire della passata legislatura, infatti, a Palazzo Madama è stato approvato il nuovo regolamento, fortemente caldeggiato dall’attuale leader di Liberi e Uguali, Grasso, che ha escluso la possibilità di deroghe analoghe a quella concessa ieri a Leu alla Camera. Con un’unica eccezione prevista dall’articolo 14. Il cui testo prima stabilisce che “ciascun Gruppo dev’essere composto da almeno dieci Senatori e deve rappresentare un partito o movimento politico, anche risultante dall’aggregazione di più partiti o movimenti politici, che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l’elezione di Senatori…”. E poi, in un comma successivo, precisa che solo “i Senatori appartenenti alle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge, eletti nelle Regioni di insediamento di tali minoranze, e i Senatori eletti nelle Regioni di cui all’articolo 116, primo comma, della Costituzione, il cui statuto preveda la tutela di minoranze linguistiche possono costituire un Gruppo composto da almeno cinque iscritti”. Nessun’altra eccezione è possibile.
Doppio binario – Lo stesso Grasso salutò la riforma esultando su Facebook e rivendicandone anche i meriti personali. “Un percorso tentato più volte in passato, che è ripreso anche sulla base di un ‘decalogo’ che alcuni mesi fa ho proposto alla Giunta del Regolamento…”, scriveva entusiasta in un post del 20 dicembre scorso. Iniziativa certamente meritoria. Anche se colpisce ora il fatto che sia stato proprio il partito di Grasso ad avvalersi della deroga prevista alla Camera che lo stesso Grasso ha contribuito ad escludere, da presidente del Senato, dal regolamento di Palazzo Madama.