Dopo le elezioni dei presidenti di Camera e Senato, sembrava cosa fatta. E invece ogni giorno che passa la possibile alleanza tra Lega e M5S sembra naufragare. Con la conseguenza che il malconcio Pd torna a ricoprire il ruolo di ago della bilancia. Se non fosse, però, che anche all’interno dei dem crescono i malumori tra la linea renziana, chiusa a ogni trattativa con i grillini, e quella di Andrea Orlando e Dario Franceschini che invece vorrebbero trattare con Di Maio & C. Insomma, una situazione a dir poco kafkiana, un caos totale che, verosimilmente, sarà risolto solo dal 4 aprile, quando cioè cominceranno le consultazioni di Sergio Mattarella.
Ma riavvolgiamo il nastro. Il nuovo capitolo dei dissidi tra Lega e Cinque stelle è scoppiato da un tutt’altro che innocuo tweet pubblicato dal profilo della Lega, che ha rilanciato un’intervista del deputato dem Michele Anzaldi che attacca il reddito di cittadinanza su cui tanto preme, come si sa, il Movimento Cinque Stelle. L’intervento del dem di fatto non fa discutere per il contenuto (il Pd ha sempre criticato il provvedimento grillino), ma per chi l’ha condiviso sui social, ovviamente. Che Salvini la pensi allo stesso modo? A rispondere alla domanda ci ha pensato, laconico, Alfonso Bonafede. “La Lega si sbaglia”, ha sottolineato. Al di là di quello che pare semplicemente un casus belli, la vera partita si gioca per un “trofeo” ben più importante e ambito sia da Luigi Di Maio che da Matteo Salvini: la presidenza del Consiglio. In un video pubblicato oggi, il capo politico 5 stelle ha rimarcato il territorio: “Il sottoscritto è stato votato da 11 milioni, quasi il doppio del secondo più votato”. L’obiettivo, ha continuato di Maio, è che “la volontà popolare venga rispettata”. Insomma, niente spazio per Salvini a Palazzo Chigi. Cosa diversa, invece, per i ministri, che verranno decisi, ha detto Di Maio, solo dopo le consultazioni.
Trattative aperte, dunque. Anche per il Pd, a patto che l’atteggiamento dei dem cambi. “L’unico gruppo politico – ha detto ancora Di Maio nel video – che finora si è sottratto al confronto sui temi è stato il Partito democratico, che sta ancora portando avanti la linea di porsi come freno al cambiamento”. Non a caso ieri sono esplose nuove fibrillazioni, frutto del fatto che il Pd è spaccato su due fronti: chi vuole l’Aventino e chi invece, lontano dai riflettori, cerca i contatti con i grillini e valuta l’opzione del dialogo. L’ultimo segno di rottura è di ieri: Franceschini, dato dal giorno dopo il voto come uno della corrente dialogante, ha chiesto che i gruppi di Camera e Senato si riuniscano prima delle consultazioni al Quirinale. Lui, insieme al collega Orlando, chiede che venga ridiscussa la linea dell’opposizione a tutti i costi.
Il segretario reggente Maurizio Martina ha cercato una mediazione, rimandando tutto a dopo la salita al Quirinale. Matteo Renzi, dalla sua enews, è intervenuto a gamba tesa: “La situazione politica è chiara, il Pd starà all’opposizione”. “Noi abbiamo un’idea del futuro diversa rispetto agli estremisti e ai populisti. Lo abbiamo detto per tutta la campagna elettorale. Noi stiamo con l’Europa, non con Farage o la Le Pen. Noi stiamo con la scienza, non con chi lotta contro i vaccini”, ha continuato Renzi. Franceschini, dal canto suo, preme affinché si torni a discutere nei gruppi prima che la delegazione dem salga al Colle. Alle parole di Franceschini ha replicato Lorenzo Guerini, secondo il quale alle consultazioni è giusto che il Pd porti la linea definita nella direzione del partito. Una riunione dei gruppi, per ulteriori valutazioni, è più opportuno che venga convocata – avrebbe detto Guerini – dopo le consultazioni presidenziali. Non prima.