“Paradossalmente, alla luce della situazione kafkiana venutasi a creare dopo il 4 marzo, con la coalizione arrivata prima che non ha i voti per fare una maggioranza autonoma e un partito stravincente al pari della vecchia Dc che si ritrova nella stessa situazione, la prorogatio del Governo di Paolo Gentiloni converrebbe tanto a Luigi Di Maio quanto a Matteo Salvini”, chiarisce subito il direttore di Lettera43.it, Paolo Madron, commentando con La Notizia il lento avvicinamento alle consultazioni che inizieranno al Quirinale da martedì della settimana prossima. Fatta questa premessa, Madron prevede che comunque alla fine un Esecutivo si farà, e sarà “di scopo, guidato da una figura terza con due obiettivi precisi: il Def e una nuova legge elettorale, magari il Mattarellum, che una volta tornati a votare dia un risultato chiaro e preciso e un’altra situazione di impasse”.
Eppure il M5s, in primis Luigi Di Maio, continua a dire che governare spetta a lui. E non sembra voler cedere.
“È una posizione lecita, ma che arriva dopo il compromesso raggiunto col Centrodestra che ha sì portato all’elezione di Fico alla presidenza della Camera, ma anche della super-berlusconiana Casellati a quella del Senato”.
Insomma, quasi un modo per voler dire agli elettori: “Non siamo disposti a cedere a ulteriori accordi di Palazzo”. Ma alla fine dovranno farlo.
“Sì. Il dato reale è che in una situazione di stallo come questa più che i desiderata dell’uno o dell’altro schieramento contano i numeri: penso perciò che si possa arrivare a una soluzione che veda alla guida del Governo una figura super partes per fare poche cose e tornare a votare in autunno”.
Ma tra le cosiddette riserve della Repubblica, così come le chiamano, c’è qualcuno che potrebbe mettere d’accordo M5s e Lega-Centrodestra?
“Quella dei ‘riservisti’ è indubbiamente una categoria che si va restringendo. Il nome dell’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli o l’ipotesi di un ex presidente della Corte Costituzionale, circolata in questi giorni, potrebbero trovare terreno fertile. Certo, il premier dovrà essere una figura che non crei troppi imbarazzi né all’uno né all’altro. In uno scenario di questo tipo, peraltro, Berlusconi sarebbe perfettamente inserito”.
Anche per lei alla fine, quindi, Salvini non ‘strapperà’ con l’alleato?
“Il leader della Lega ha capito, credo, che senza il Cav vale la metà di quello che valgono i grillini, e che quindi in qualche modo debba essere coinvolto. In più ieri, in Lombardia, Fontana ha varato la nuova Giunta mettendo alla guida dell’Istruzione Melania Rizzoli e in Friuli-Venezia Giulia Lega, Forza Italia e FdI marceranno uniti alle Regionali di fine aprile”.
In questa partita, il Pd che ruolo giocherà?
“Lo vedo abbastanza in fuorigioco, anche perché aderire a un’alleanza nella quale già in partenza avrebbe un ruolo subalterno potrebbe finire di sfiancarlo. Molto però dipenderà da come si muoveranno le correnti, in primis quella di Franceschini, che proprio in queste ore insieme a Orlando ha chiesto di ridiscutere la linea”.
Tra Di Maio e Salvini, chi rischia di pagare il prezzo più alto?
“Chi farà il premier. Ecco perché credo, come detto, che alla fine a nessuno dei due convenga davvero”.