I recenti eventi legati al terrorismo avvenuti nel nostro Paese inducono alla riflessione sotto varie prospettive. Partendo da una visione più ampia va sicuramente considerato che, sebbene lo Stato Islamico abbia perso i suoi possedimenti territoriali in Siria ed Iraq, ha comunque mantenuto alto l’allarme in vari Paesi, anche al di là dei confini mediorientali. L’intensa ed innovativa attività di comunicazione e propaganda iniziata anni fa, contestualmente all’avanzata militare, continua a dare i suoi frutti, testimoniando come la minaccia vada al di là di un semplice confronto convenzionale. Se l’Isis è stato sconfitto (ma non credo), il suo brand è ormai comunque consolidato in un franchising del terrore senza precedenti, nemmeno in Al Quaeda.
L’effetto mediatico prodotto dal terrorismo è altissimo anche quando questo non produce vittime ma solo allarmi. L’attacco in Francia della scorsa settimana aveva riproposto a livello europeo la minaccia terroristica dopo un periodo di apparente silenzio. Sebbene siamo abituati a sentire di tali episodi al di fuori dei nostri confini, contando spesso anche vittime e feriti, è stato con la diffusione dell’allarme per un presunto terrorista in giro per Roma che anche in Italia la paura del terrorismo è riemersa insieme a tutta una serie di dichiarazioni e alert investigativi. È sicuramente indubbio che per la posizione geografica e politica dell’Italia l’attenzione nei confronti del fenomeno terroristico debba essere sempre mantenuta ad altissimi livelli, ma è anche vero che la diffusione di allarmi inutili (la cui fonte andrebbe cercata e perseguita penalmente!) come quello di domenica scorsa, in virtù del quale si era diffusa la voce (con tanto di foto e lettera riservata ai Carabinieri) del quasi imminente attacco nella capitale da parte di un tunisino, possono provocare quei danni ”conseguenza”, comunque utili ai gruppi estremisti che vivono e prosperano grazie alla inoculazione di uno stato di paura permanente.
D’altronde, il costante lavoro delle nostre forze di polizia e di intelligence continua a dare ottimi risultati, come dimostrano i recenti arresti a Foggia e Torino, dove sono stati intercettati due personaggi rilevanti nel panorama jihadista nazionale i quali, con modalità differenti, cercavano di diffondere un messaggio di natura estremista addirittura a dei bambini. I successi delle nostre forze di polizia dovrebbe farci dormire più sereni in quanto, sebbene il rischio zero non esista, possiamo fare affidamento su un sistema di controlli e su un coordinamento tra le procure e i vari reparti operativi di altissimo livello. Questo, come già sostenuto, non significa abbassare la guardia, anzi. La recente dichiarazione del direttore di Frontex, il quale sostiene che vi possano essere presunti terroristi infiltrati tra coloro che arrivano in Europa via mare, non deve sorprendere. Io sostengo da anni ormai che la minaccia sia multidirezionale e la possibilità che soggetti pericolosi arrivino da paesi quali la Libia, la Tunisia o dall’Algeria non è assolutamente peregrina.
L’Italia ha fatto tanto negli ultimi mesi per contrastare il fenomeno degli sbarchi e le espulsioni che il Ministero dell’Interno ha posto in essere hanno rappresentato sicuramente uno strumento efficace. La minaccia però va affrontata a livello europeo senza soluzione di continuità. Sebbene infatti si siano registrati meno sbarchi in Italia nell’ultimo periodo, Frontex sostiene che sono stati intercettati flussi non identificati di migranti verso la Spagna e che la minaccia terrorismo resta alta.
Dal punto di vista del contrasto al fenomeno terroristico l’esempio italiano resta una stella polare da seguire ed imitare. In ciò rientra anche l’attività svolta all’interno delle carceri, che rimangono un luogo particolarmente sensibile al proselitismo jihadista. I personaggi appena arrestati sono cittadini italiani e quindi non soggetti alle procedure di espulsione. Ciò significa che resteranno nei penitenziari italiani dai quali potrebbero continuare a svolgere le loro attività di indottrinamento e diffusione del messaggio radicale islamista.
Posta la varia articolazione della minaccia appare imperativo mantenere un alto livello di attenzione ma ritengo si debba anche mantenere una certa calma “comunicativa” nel trattare argomenti così delicati al fine di evitare allarmismi inutili per la popolazione (fermo rimanendo che il Ministro Minniti non è certo uno di quelli che parlano a vanvera), permettendo così ai terroristi di segnare comunque un calcio di rigore ottenuto grazie all’inutile fallo di un difensore.
*Direttore CRST (Centro Ricerca Sicurezza e Terrorismo)