di Monica Setta
Bene i primi provvedimenti del governo per l’economia, a partire dal via libera ai decreti su Cig e Imu attesi entro venerdì e per cui si cercano risorse in queste ore. Ma la vera partita si gioca su lavoro e fisco. E le prime “misure” di Letta in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno dove si allargheranno le maglie della cosiddetta “Golden Rule” (la regola che esclude le spese per lo sviluppo dai vincoli del 3% nel rapporto deficit/ Pil), che hanno già ricevuto l’apprezzamento del leader della Confindustria Giorgio Squinzi, adesso ricevono lo stesso via libera da Massimo Scaccabarozzi, presidente della Farmindustria, la potente associazione degli industriali farmaceutici italiani. “Sono sicuro – dice alla Notizia – che Letta, potendo contare anche sull’appoggio del presidente del Parlamento europeo Martin Shulz, riuscirà ad agire in concerto con l’Europa per liberare le risorse necessarie a finanziare le misure per il lavoro, essenziali al nostro Paese per far ripartire l’economia”.
Perchè il governo Letta la convince in modo così netto mentre negli ultimi mesi non avete risparmiato critiche a Mario Monti?
“Mi convince perchè conosco e apprezzo la qualità della “fattura” politica e umana di Enrico Letta, ma soprattutto per il fatto che il premier ha parlato subito del tema principale cioè il lavoro. La lotta alla disoccupazione che registra una media del 38 per cento deve essere accompagnata da una seria riforma fiscale che alleggerisca il carico tributario sulle imprese. Come è stato detto da Squinzi nel recente convegno di Torino, le parti sociali, impresa e sindacati, devono lavorare in “squadra” per un obiettivo comune che ė il bene del Paese. Fino a poco prima che apparisse sulla scena Letta la politica aveva dato di sé uno spettacolo triste, beghe interne, caos, una esplicita dimostrazione di immaturità. E invece il premier è riuscito a fare il governo in poco tempo e le misure su Cig, Imu e il piano per l’occupazione sono buone”.
Si è parlato di un possibile aumento della Robin Hood Tax che invece nel 2014 era destinata a scendere dal 10 al 6 per cento. Inoltre, sembra scongiurata, ma non sappiamo per quanto, il rialzo di un punto dell’Iva che doveva scattare – dal 21 al 22 per cento – a luglio prossimo.
“L’Italia è stata devastata dalle tasse; ed è importante che si dimostri un’inversione di tendenza aprendo alla riduzione del cuneo fiscale come primo atto verso una riforma strutturale del sistema fiscale. Siamo uno dei paesi più tassati d’Europa e anche fra i più virtuosi visto che Francia e Spagna hanno chiesto tempi più lunghi per rimettere a posto i conti pubblici. Eppure, se lei va in giro, pochissimi comprano, la fiducia, almeno prima del governo Letta, era pari allo zero. Nessuno faceva un passo per paura di un possibile “default” e l’economia rimaneva bloccata, congelata. Non è attraverso nuove tasse che il Paese può ripartire, bisogna liberare risorse e rimettere liquidità nel sistema. Questo Letta lo ha capito al volo: il nostro Paese deve uscire dalla procedura di deficit eccessivo, investire nel lavoro e nello sviluppo, mantenendo, come ha confermato ieri il ministro del Tesoro all’Eurogruppo, una continuità dell’azione di controllo sui conti pubblici. D’altronde, lo spread in discesa aiuta riducendo la spesa per interessi sul debito”.
Quali sono le proiezioni sul ciclo economico da qui alla fine del 2013 per il vostro settore?
“Sono ottimista, anche se stiamo ancora subendo, come impresa farmaceutica, l’impatto negativo delle misure del governo Monti. Le nostre aziende vivono una situazione molto disagiata che, soprattutto se si tratta di imprese piccole e medie, crea loro immense difficoltà. A volte ai nostri imprenditori capita di restituire i soldi prima ancora di averli incassati! E mentre nel resto d’Europa si paga a 30/40 giorni e le aziende vivono una competizione normale, da noi è tutto surreale: lo Stato decide di pagare i debiti che le aziende vantano nei confronti della Pubblica amministrazione ma poi blocca l’esecutività delle stesse imprese verso quelle regioni – sottoposte ai piani di rientro- da cui vantano crediti. Nelle 6 regioni italiane soggette ai piani di rientro c’è il 60% del credito farmaceutico complessivo. Insomma, le nostre imprese soffrono.