Una bocciatura senza se e senza ma. Arrivata non da detrattori e commentatori, che pure fin da subito avevano sollevato dubbi a riguardo, ma direttamente dallo Special Rapporteur dell’Onu per la Libertà di espressione, David Kaye. Che, a proposito del cosiddetto ‘pulsante rosso’ contro le fake news, il bottone virtuale sul sito del commissariato online presentato a gennaio dalla Polizia e fortemente voluto dal ministro dell’Interno Marco Minniti, ha invitato il Governo italiano a “riconsiderare l’adozione di un nuovo meccanismo per combattere la disinformazione”.
Da dopo il 4 marzo, il bottone non è più disponibile nella pagina web dedicata. Ma nemmeno questa circostanza è bastata a Kaye, che ha presentato una comunicazione formale all’Esecutivo in cui ha espresso “preoccupazione che il protocollo sia incompatibile con gli standard del diritto internazionale umanitario”. Motivo? Violerebbe “i criteri di legalità, necessità e proporzionalità” stabiliti dall’art.19 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici che tutela la libertà di espressione di ogni individuo. Per Kaye infatti il testo “non definisce” quali contenuti ricadrebbero nell’ambito delle ‘notizie manifestamente infondate o parziali’ e conferirebbe “eccessiva discrezionalità al Governo nel perseguire dichiarazioni critiche verso politici e figure pubbliche”, trasformando l’Esecutivo in “arbitro della verità”. Insomma, se volessimo dirla con una battuta: quella di Minniti sulle fake news era una bufala.