Tempi duri per i giuristi, tempi duri per la legge, tempi duri per il diritto. “I nostri torturatori sono ai vertici della polizia”. Frase terribile, che ci aspetteremmo, visto soprattutto l’attuale momento e la reiterazione dei reati di cui ho scritto già ieri proprio sulle pagine de La Notizia, dalla solita brigatista o dal solito anarchico rivoluzionario, dagli estremisti di qualsiasi fazione.
Si dice anche che il linguaggio politico abbia raggiunto livelli di indecenza ai limiti del vilipendio, e spesso abbiamo accusato i nostri rappresentanti nelle istituzioni di esagerare con le manifestazioni di pensiero e con la gestualità di cui hanno fatto scempio in Parlamento. La frase incriminata, o più precisamente da incriminare (a mio avviso), è stata pronunciata da un magistrato. Sì, non sto sbagliando. Da un rappresentante di un potere essenziale per l’ordinamento democratico. Di una istituzione alta e costituzionale. Questa istituzione, la magistratura, deve presiedere al compito più difficile che una democrazia possa assegnare ai suoi rappresentanti: quello, cioè, di amministrare la giustizia, quindi valutare comportamenti antigiuridici e sanzionarne i colpevoli. La polizia è al servizio della magistratura, svolgendo la insostituibile funzione della ricerca delle prove e della cattura dei responsabili dei reati, che altrimenti i giudici non potrebbero condannare. In sintesi, la magistratura non può fare a meno delle forze di polizia.
Queste ultime hanno da fare, invece, a prescindere dalle indagini loro assegnate dai magistrati (c.d. funzione di “polizia giudiziaria”), in quanto devono occuparsi di ordine pubblico, prevenzione e, non trascurabile, della protezione dell’incolumità fisica dei rappresentanti delle istituzioni dello Stato.
Ora, si dà il caso che uno dei suddetti rappresentanti, sostituto procuratore della Corte d’appello di Genova, abbia pronunciato l’orribile e ingiuriosa frase nel corso di un dibattito per l’ennesima celebrazione di Regeni, sulla cui vicenda già troppi in verità hanno parlato a sproposito. Il dottor Zucca é pm nel processo contro gli abusi che sarebbero stati commessi dalle forze dell’ordine durante il G8 di Genova, dal quale sono già emerse condanne. Quindi, visto che chi scrive rispetta la magistratura, vorrà dire che ce n’erano gli estremi. Dappertutto ci sono colpevoli e innocenti. Ogni essere umano può sbagliare, anche se porta una divisa. Possiamo dare il beneficio dell’errore anche al dottor Zucca? Giuridicamente non spetta a noi ma a chi ha già aperto un’inchiesta su di lui. Sotto il profilo dell’opportunità per fortuna non c’è alcun dubbio, né alcuna resistenza da parte di chi scrive se si assume come dato inconfutabile che il magistrato in questione ha sbagliato.
Ma qui i rischi di errore sono pericolosamente vicini ai rischi di reato. Pare ovvio che diffamare qualcuno non sia consentito nel nostro Paese. Il nostro codice di rito sanziona la diffamazione con aggravante se essa viene compiuta a danno di una istituzione dello Stato. Ma il vero pericolo delle frasi di questo pubblico ministero non è questo. La Polizia si sa difendere, è stata già difesa dalle persone sagge ed equilibrate, e lo ha fatto per tutti il suo illuminato Capo, cui va tutta la mia storica stima (come a tutti gli appartenenti alle Forze dell’ordine). Senza la loro infaticabile opera il nostro Paese starebbe peggio, così come senza quella dei tanti magistrati valorosi ed equilibrati. Questo procuratore invece non mostra equilibrio, all’evidenza, poiché offende in “conflitto di interessi”, poiché egli si esprime su fatti processuali di cui è parte, dove ci sono stati dei condannati che egli, a prescindere da appelli e gerarchie, condanna due volte, insieme ad altri che nulla c’entravano in quelle aule giudiziarie. Anzi, forse ignora che per i colpevoli la Polizia ha già provveduto disciplinarmente, ed il resto si vedrà.
Il giuramento di fedeltà alla Costituzione che un magistrato presta prima di iniziare la sua attività comporta che venga interdetta la possibilità di giudicare fuori dai processi che vengono affidati a un giudice. Dunque – e qui mi rivolgo personalmente al dott. Zucca – ove mai ella dovesse proseguire nello svolgimento delle sue funzioni, le rivolgo l’invito, da cittadino, al rispetto di chi non desidera vedere infangate arbitrariamente le istituzioni della democrazia in cui mi onoro di vivere.
* Direttore CRST
Centro Ricerca Sicurezza e Terrorismo