È il primo, vero test post elezioni per capire se e come possa formarsi una maggioranza in grado di garantire la formazione di un Governo. Così le trattative per l’elezione dei presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, circostanza alla quale guarda con attenzione il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sono in corso. Numeri alla mano, Movimento 5 Stelle e Lega – o più in generale il Centrodestra – potrebbero decidere di trovare un accordo tagliando fuori il Partito democratico, che continua a rivendicare il proprio ruolo di partito d’opposizione. Anche se nessuno in questo delicato momento, dem compresi, vuole trovarsi (o mettersi) in fuorigioco.
Molto dipenderà dalla direzione del Pd, in programma domani pomeriggio. Anche se il presidente del partito, Matteo Orfini, ospite di In Mezz’ora in più (Rai3), ha già messo le cose in chiaro: “L’alleanza col M5s sarebbe la nostra fine, giusto che loro e la Lega si spartiscano le presidenze”. E anche per il leader del Carroccio, Matteo Salvini, la scelte dei successori di Laura Boldrini e Pietro Grasso “spetta ai due vincitori”. “Occorre tenere su piani diversi la questione delle presidenze delle due Camere e la formazione del Governo. Così vuole il corretto funzionamento delle istituzioni”, ha detto il ministro uscente della Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, intervistato dal Corriere della Sera. “Per le Camere tutti devono avere come obiettivo quello di arrivare a delle figure che siano di garanzia per tutti”, mentre per l’Esecutivo “entra in gioco il rispetto della volontà degli elettori. Nel caso del Pd significa prendere atto di una pesante sconfitta elettorale”. Dal canto loro, come detto, pentastellati e Carroccio potrebbero tirare dritto. Al netto di eventuali sorprese, sia da una parte sia dall’altra i profili sono stati tracciati. Per Palazzo Madama si fanno insistentemente quattro nomi: quelli del neocapogruppo M5s Danilo Toninelli, Paola Taverna (rieletta senatrice del Movimento), Paolo Romani (capogruppo di Forza Italia nella XVII Legislatura) e Roberto Calderoli, ‘padre’ del Porcellum che dal 2013 ad oggi ha ricoperto la carica di vicepresidente dell’Assemblea e conosce bene i meccanismi parlamentari. Meno probabile, malgrado sia circolato in questi giorni, una convergenza su Emma Bonino, che la Lega appoggerebbe difficilmente.
Anche alla Camera una rosa di nomi è già stata messa nero su bianco. In uno schema che prevedrebbe la presidenza del Senato al Centrodestra, il dopo Boldrini potrebbe essere un grillino. Sì, ma chi? Salgono le quotazioni di Roberto Fico ed Emilio Carelli. Il primo, presidente uscente della commissione di Vigilanza Rai, è alla sua seconda legislatura, il secondo – ex direttore di Sky Tg24 – gode di numerosi contatti con FI, avendo lavorato per quasi un quarto di secolo a Mediaset. In discesa invece le quotazioni dell’ex ministra dell’Istruzione, Mariastella Gelmini (ma mai dire mai…) e di Dario Franceschini, nella logica in cui il Partito democratico decidesse di ‘cambiare verso’.
La data X comunque si avvicina. Nel frattempo però c’è l’ostacolo Def, il Documento di Economia e Finanza (Def), che sarà molto probabilmente il primo provvedimento della XVIII Legislatura. Ogni anno, entro il 10 aprile, il documento deve venire scritto e in seguito spedito a Bruxelles, ma – oltre alla cornice di dati economici e panorama internazionale – solitamente contiene anche gli obiettivi di finanza pubblica e alcuni impegni che fanno già capire quali saranno le misure da mettere in campo con la manovra economica vera e propria, a ottobre. Centrodestra e M5s hanno già detto di voler giocare questa partita per far vedere di che pasta sono fatti. Ma le incognite sul tavolo restano.