di Stefano Sansonetti
Adesso chissà quante “Legion d’honneur” i francesi dovranno assegnare a grillini e leghisti. La battuta circola sempre più insistentemente all’interno di alcuni palazzi romani, dove si fa riferimento all’onorificenza con cui i transalpini spesso cercano di accattivarsi il favore di personalità estere. Il fatto è che stavolta sembra proprio che i francesi, nel perseguimento dei loro affari, abbiano un po’ sbagliato cavallo, puntando su una qualche conferma del Pd. E ora si chiedono cosa potrà succedere con l’accoppiata Luigi Di Maio-Matteo Salvini proiettata nella stanza dei bottoni (seppur con assetti governativi tutti ancora da decifrare). Sta di fatto che ieri sul Financial Times è uscito un articolo molto preoccupato sul futuro del business militare. Sin troppo eloquente il titolo: “La vittoria populista minaccia la spinta italiana verso alleanze nel settore militare”.
Il messaggio – L’allarme arriva dritto da Patrice Caine, amministratore delegato di Thales, gruppo francese specializzato nell’elettronica aerospaziale, partner ma soprattutto concorrente dell’italiana Leonardo (ex Finmeccanica). Ebbene, Caine premette che ora “c’è da capire la politica del nuovo Governo”, visto che “probabilmente verranno nominati nuovi ministri che potrebbero avere opinioni differenti”. Il riferimento è alla bozza di accordo tra l’italiana Fincantieri e la francese Naval Group per la creazione di un “campione europeo” nella costruzione di navi da guerra. Un accordo che al momento deve ancora essere perfezionato, dopo che l’anno scorso Fincantieri è riuscita faticosamente a salire al 51% dei cantieri navali transalpini di Saint Nazaire (di cui azionista di minoranza è proprio Naval Group). Per Thales la costituzione di questo colosso sarebbe vitale per ampliare la sue forniture, verosimilmente a scapito delle commesse di Leonardo. Su questo progetto, ha aggiunto l’Ad di Thales, “avevamo appena cominciato il percorso, ma ci sono ancora molti argomenti da discutere”. Insomma, a Parigi non sanno minimamente cosa ne sarà di questi discorsi con il nuovo fronte grillino-leghista. Anche perché dall’Italia qualche voce critica si è già levata. Per esempio quella dell’ex sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, esponente di Fratelli d’Italia (alleato della Lega), il quale ha contestato duramente il progetto franco-tedesco di “Sistema unico europeo di difesa”, bollandolo come un modo per mettere ai margini le aziende italiane (vedi La Notizia del 30 gennaio scorso).
E non è finita – Tra l’altro i dubbi, nell’ottica parigina, possono essere estesi anche al nuovo corso di Cassa Depositi e Prestiti, i cui vertici sono in scadenza e dovranno essere sostituiti. Si dà infatti il caso che l’azionista di controllo di Fincantieri, con il 71% del capitale, sia proprio la Cassa Depositi per il tramite di Fintecna. E quando si parla di Cassa non si può nemmeno prescindere dal considerare la posizione delle fondazioni bancarie, sue azioniste di minoranza e in questo periodo in grande fibrillazione. Cosa accadrà in tutta questa filiera con un’eventuale presa grillina o leghista? Per i francesi, che avevano scommesso sulle larghe intese con dentro il Pd, l’allarme è totale.
A tutto questo si aggiungano gli enormi ostacoli che i transalpini di Vivendi stanno affrontando in Telecom, di cui sono primi azionisti con il 23,9%. Un battaglia intimamente connessa con quella in corso con Mediaset sulla pay tv. Non per niente in Telecom, con un pacchetto vicino al 5%, è salito il fondo americano Elliot, con la benedizione di Silvio Berlusconi, i cui rapporti con Vincent Bolloré, patron di Vivendi, sono più tesi che mai.