di Francesco Nardi
Non c’è solo l’Imu. La foresta del fisco è fitta di balzelli odiosi e molti di questi sono sconosciuti ai più. Prima o poi però capita a tutti di scoprire una nuova tassa cui non si sapeva di esser tenuti. Nel nostro Paese, del resto, un’imposta di bollo non si nega a nessuno: quasi come ci fosse il timore di offendere una categoria lasciandola non tassata.
Della creatività del fisco, sempre pronto a tassare qualsiasi cosa possa far cassa, si è molto parlato in questi giorni a proposito dell’ipotesi, poi sfumata, di tassare la sigaretta elettronica. Innegabilmente un’occasione ghiotta per recuperare il denaro sfuggito alle grinfie del Monopolio di Stato a causa della virale diffusione della finta sigaretta. L’idea è evidentemente bizzarra, ma considerato lo sconfinato numero di casi simili si capisce che non è il caso di sorprendersi.
Un incubo per tutti
Famiglie e imprese sono vessate infatti da balzelli di ogni genere: lo sanno bene i raccoglitori di funghi che rinnovano il bollo sulle loro licenze nello stesso modo in cui sono obbligati a farlo pescatori e cacciatori. E altrettanto hanno imparato quegli albergatori cui, attraverso un’interpretazione invero singolare, è stato chiesto di pagare una corposa tassa (circa 140 euro) per aver esposto il tricolore italiano e la bandiera dell’unione europea.
Ma non finisce qui, i casi sono infiniti e non si riferiscono solo a contributi introdotti recentemente, ma anche a ad alcuni entrati in vigore addirittura in forza di decreti regi, come nel caso della tassa per la bonifica delle paludi, introdotta nel 1904 ed ancora oggi operativa. E’ davvero difficile, in molti casi, comprendere quale sia la ragione per cui determinate gabelle siano state introdotte e peggio ancora mantenute negli anni. Come spiegare ad esempio l’obolo che si versa nella bolletta dell’energia elettrica per il fondo che risarcisce i comuni che ospitano centrali nucleari, dal momento che in Italia non ce ne sono? E come commentare la sussitenza, nell’era digitale, di una tassa che pesa sull’acquisto di un qualsiasi dispositivo in grado di registrare contenuti multimediali? E’ la tassa sulla memoria, cui ora sembrano pensare anche i nostri cugini francesi, che vogliono applicarla a tablet e smartphone. Ma qui da noi la soluzione era già stata trovata con la tassa “sulla voce” in vigore da quando si è capito che i telefonini cellulari potessero essere fiscalmente fruttiferi.
Chi più ne ha più ne metta
Ma c’è molto di peggio. Le amministrazioni comunali, oggi più che mai impoverite e strette dall’incomprensibile mutilazione finanziaria del patto di stabilità, si inventano tasse di ogni genere. E’ tornata addirittura di moda la tassa sui gradini, che un tempo si pagava insieme a quella per i ballatoi. La motivazione ufficiale? Finanziare la pulizia delle strade, che però restano ovviamente sporche come prima. C’è poi l’occupazione di suolo pubblico cui sono costretti a corrispondere i commercianti che fanno ombra al marciapiede con le loro tende. E ancora le tasse di passaggio, che non riescono a far sfumare il loro sapore medievale nonostante a Milano abbiano trovato un nome moderno per definirla: ecopass.
Altrettanto vale per chi decide di sposarsi: esiste infatti la tassa sui matrimoni celebrati in municipio, che in alcuni comuni arriva a duecento euro. Sembrerebbe, a questo punto, che solo l’aria sia esentasse, e anche questo non è vero, perché esiste un balzello per tutti i combustibili “miscelati ad aria”. E allora un respiro di sollievo si potrà trovare solo dopo la morte. Solo però dopo il piccolo sforzo di pagare la tassa (35 euro) sul referto che accerterà che non state fingendo per non continuare a contribuire. E nessuno pensi di bere per dimenticare: il Monopolio, anche con l’alcol, non perdona.