È bastata un po’ di neve per aprirci gli occhi su quanto sia paradossale l’attuale campagna elettorale. Tra promesse irrealizzabili e artificiose riesumazioni delle tensioni di piazza con fascisti e antifascisti, si parla di cavolate mentre non c’è traccia di uno straccio di progetto per modernizzare il Paese. Eppure qui cinque centimetri di neve possono paralizzare la Capitale e un paio di gradi sotto zero trasformano un viaggio in treno in un Odissea. La bufera è stata eccezionale, sostengono i responsabili delle ferrovie pensando di aver di fronte tutta gente con l’anello al naso. Infatti, senza andare nei Paesi scandinavi o in Siberia, ma fermandoci alla vicina Svizzera, i treni in condizioni meteo molto peggiori non si fermano. Esattamente come una nevicata non lascia intere regioni senza energia elettrica, giusto per ricordare quanto accaduto in Abruzzo e Molise l’inverno scorso. Perché allora qui si blocca tutto? Perché chi gestisce le infrastrutture e i servizi non investe abbastanza, sacrificando persino le manutenzioni al dilatarsi dei bilanci. Scelte che non arrivano a caso, ma sono frutto delle strategie di manager pubblici la cui priorità è far contenti i mercati e non i cittadini. Il punto è che questi manager sono scelti da partiti che ora chiedono il voto a quegli stessi cittadini di cui promettono di fare gli interessi. Voti da attribuire sulla fiducia, perché i manager che hanno fatto disastri non li ha toccati nessuno mentre in Fs il renziano Mazzoncini è stato persino premiato rinnovandogli in anticipo il mandato di capo azienda.
L'Editoriale