Sono preti, ma portano le stellette. L’abito talare, per loro, è una vera e propria divisa. Fanno parte del ‘plotone’ dell’Ordinariato militare per l’Italia. Una circoscrizione della Chiesa cattolica, guidata da Santo Marcianò, assimilata ad una diocesi ma equiparata ad un ufficio dello Stato. I cui appartenenti si occupano di fornire assistenza spirituale alle Forze armate. A spese, ovviamente, del contribuente.
Divisa talare -E nonostante da più parti se ne invochi da anni la smilitarizzazione, lo schema di “Intesa tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze Armate”, approvato l’8 febbraio scorso, a Camere sciolte, dal Governo guidato da Paolo Gentiloni ne ha riconfermato l’inquadramento nella gerarchia militare. Con tanto di gradi e mostrine. “Lo stato giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina dei cappellani militari”, chiarisce Palazzo Chigi, sono “figure autonome rispetto all’organizzazione militare”. Inoltre l’organico “viene ridotto dalle precedenti 204 unità a 162 e il loro trattamento economico principale continua ad essere quello base previsto per il grado di assimilazione”. Va detto, però, come sottolineano dallo stesso Ordinariato militare che dal 2012 la presenza dei cappellani militari in servizio è stata sistematicamente sotto organico. In particolare, se nel 2012 i sacerdoti effettivi erano 177 sui 204 previsti dalla pianta organica, il numero è andato di fatto riducendosi negli anni successivi. Passando a 174 nel 2013; 160 nel 2014; 161 nel 2015; 152 nel 2016; e addirittura 150 nel 2017, ben 54 presenti in meno rispetto all’organico previsto. Per formalizzare l’Intesa, dopo l’esame da parte del Consiglio dei ministri, manca ora la firma delle due parti, Stato e Santa Sede, prima che il contenuto dell’accordo venga recepito con apposito disegno di legge.
Gradi e stipendi – Ma non è tutto. L’intesa ridurrà significativamente la spesa per le retribuzioni dei cappellani militari. Anche considerato che delle 42 unità in meno previste (162 contro le precedenti 204), la nuova legge eliminerà ben 12 figure dirigenziali su 14. Resteranno solo l’Ordinario militare, equiparato al grado di generale di corpo d’armata (stipendio 126.576 euro l’anno secondo l’ultimo conto economico consultabile sul sito del ministero della Difesa) e il vice vicario generale (generale di divisione, 103.955 euro all’anno). Non saranno invece più in organico i 3 ispettori (generale di brigata) e i 9 terzi cappellani militari capo (colonnelli) che percepivano un assegno annuo di 85.848 euro ciascuno. Inoltre saranno depennati dalla pianta organica ben 30 secondi cappellani militari capo (tenenti colonnelli). Non solo. Alle figure che operano a livello territoriale, ossia il primo cappellano capo (maggiore, stipendio di 58.326 euro stessa base della retribuzione del tenente colonnello), il cappellano capo (capitano, 48.809 euro) e il cappellano addetto (tenente, 43.620 euro), è stata introdotta anche quella assimilata al grado di sottotenente di complemento per i primi 5 anni di servizio. Per gli scatti di carriera, ci vorranno quindi 5 anni per salire al grado di tenente, 10 anni per diventare capitano e altrettanti per conseguire il grado di maggiore. Solo dopo 30 anni di servizio, e soltanto per un massimo di 10 unità, si potrà accedere al grado di tenente colonnello.
Stellette controverse – Insomma, una riorganizzazione importante con sostanziosi risparmi. Che però non soddisfa chi da sempre si oppone al modello militare nell’organizzazione dei cappellani militari. “Nonostante le promesse di una smilitarizzazione dei cappellani militari le gerarchie cattoliche non hanno voluto rinunciare ai gradi da alti ufficiali e ai consistenti stipendi pubblici – accusa il deputato di Mdp, Gianni Melilla -. La Chiesa Cattolica prende con l’8 per mille oltre un miliardo di euro l’anno di finanziamenti statali grazie alle tasse che pagano gli italiani”. Per questo, conclude, “non si capisce perché i cappellani debbano avere i gradi militari anziché essere equiparati ai cappellani che operano nella Polizia di Stato che percepiscono stipendi di 1.350 euro al mese”.
Aggiornato alle 17:20 del 21 febbraio 2018