Nel discorso di fine anno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, li ha tirati direttamente in ballo: “Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica”. Già: per tanti ragazzi nati nel 1999, quelle del prossimo 4 marzo saranno le prime elezioni che li vedranno parte attiva. Almeno per quanto riguarda la formazione della Camera dei deputati, visto che per il Senato serve aver compiuto almeno 25 anni di età. Ma nel segreto dell’urna, come si orienteranno i millennials? E quale dei leader in campo, ad oggi, scalda di più i loro cuori?
Sotto a chi tocca – Domande alle quali ha risposto un sondaggio dell’Istituto Piepoli realizzato tra il 2 e il 7 febbraio su un campione di 500 casi. Con risultati per certi versi sorprendenti. Come antipasto, colpisce per esempio il fatto che negli ultimi due anni il 55% degli interpellati – contro il 69% del totale Italia – non abbia partecipato a manifestazioni sindacali (solo il 9% l’ha fatto) o politiche (un altro 9%), studentesche (26) o pubbliche di protesta (15).O che solo il 27% di loro, in linea col trend generale, andrà a votare solo per la mera volontà di protestare, contro il 62% di chi dichiara di avere fiducia verso un partito o un candidato (l’11% è senza opinione). “Sulla partecipazione giovanile vale la pena ricordare però che se ‘agganciati’ su temi realmente di loro interesse gli interessati rispondono in maniera pro-attiva – spiega a La Notizia il direttore dell’Istituto Piepoli, Roberto Baldassari –. Solo citare un caso, è di pochi giorni fa la nascita dell’ANGI, l’Associazione Nazionale Giovani Innovatori, un’associazione di giovani e per i giovani. Mentre i politici spesso e volentieri continuano a parlare ai padri invece di parlare direttamente ai figli”. Come si declina tutto ciò a livello partitico? Scorrendo la classifica stilata dall’Istituto, il Pd si attesta come primo partito fra i 18enni insieme al M5s (29%), anche se con 4 punti in più – rispetto al totale Italia – sul movimento di Luigi Di Maio (27,5%, più 1,5%). Molto più staccata Forza Italia, che tra i giovanissimi racimola appena l’11%, 4 punti e mezzo in meno rispetto al totale Italia. La Lega fa un po’ meglio di FI, ma si ferma comunque al 15%, praticamente la metà di dem e grillini. Ancora più staccati i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni: 4,5%, in linea col totale Italia. Un punto in più lo conquista Liberi e Uguali, che però non va oltre il 5,5%.
Lotta serrata – Discorso diverso invece quello che riguarda i leader. Se infatti il Pd è in pole position insieme ai Cinque Stelle, il suo leader, Matteo Renzi, si piazza solo al sesto posto nell’indice di gradimento (21%) dietro – nell’ordine – a Di Maio (34%), Matteo Salvini (30), Silvio Berlusconi (28), il premier Paolo Gentiloni (27) e la Meloni (24). Più staccati Antonio Tajani (FI) e Pier Luigi Bersani (LeU), entrambi al 16%, mentre Pietro Grasso raccoglie la stessa percentuale di “Matteo”: 21%. Scandagliando il sondaggio, si nota come il candidato premier del M5s sia quello che attira più voti (42% contro il 20 di Renzi e il 38 del Cav), venga indicato come possibile scelta nell’urna (33%) e faccia sentire importanti e unici i ragazzi: 27% contro il 13 del leader dem e il 24 di Berlusconi. “Per anni, dalla comparsa del M5s, noi ricercatori abbiamo pensato che il suo fosse un elettorato prevalentemente giovane – annota Baldassari –. Invece analizzando le intenzioni di voto si scopre che non è così: il Pd infatti registra un incremento maggiore”. Per quanto riguarda i frontmen, il rovescio della medaglia, come detto, “quello di Di Maio è un dato che non ci stupisce. Colpisce invece il terzo posto che occupa sul podio il leader di FI. Evidentemente – conclude Baldassari – riesce a intercettare alcuni sentimenti dei giovani sui quali, al contrario, Renzi non riesce a fare presa”.
Twitter: @GiorgioVelardi