Non illudiamoci di perderli di vista. Perché per molti di loro, soprattutto quelli che da decenni popolano le Aule parlamentari, un incarico qua e là potrebbe spuntare dall’oggi al domani. La storia insegna, del resto. Nell’elenco dei non-ricandidati alle elezioni del prossimo 4 marzo – chi per scelta, chi per raggiunti limiti di età, chi per varie ed eventuali – i nomi illustri non mancano. Qualcuno, tanto per dire, non ha i requisiti per incassare la pensione da “comune mortale”, anche se avrà di che consolarsi col ricco vitalizio, che in certi casi può scattare già a 60 anni. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello del ministro dell’Ambiente, il centrista Gian Luca Galletti, che proprio mercoledì ha annunciato l’intenzione di farsi da parte. “In questi cinque anni ho servito la Repubblica italiana come sottosegretario di Stato alla Pubblica istruzione con il governo di Enrico Letta e come ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare in uno spirito di stretta collaborazione con Matteo Renzi e Paolo Gentiloni ai quali mi lega un rapporto di affetto e di stima”, ma adesso “si apre una fase diversa della mia vita: ho deciso di non candidarmi e ritorno con grande soddisfazione alla mia professione (il commercialista, ndr), rimanendo come sempre a disposizione del mio Paese”. Che tradotto vuol dire restare con gli occhi e le orecchie aperte nel caso in cui si liberasse un posticino, magari partendo dalla permanenza in carica del Governo Gentiloni (scenario tutt’altro che irrealizzabile).
Sospiro di sollievo – Dopo 31 anni consecutivi in Parlamento anche Anna Finocchiaro, attuale ministra per le Riforme, ha deciso di dire “basta”. Difficile però che una col suo curriculum e la sua esperienza sparisca dai radar. E poi, come fa notare qualcuno, a 62 anni è troppo presto per lei per andare in pensione: così l’ex presidente della commissione Affari costituzionali rientrerà in magistratura, anche se “adesso sta respirando un po’, arriviamo al 4 marzo e poi vediamo”, spiegano fonti a lei vicine. “Macché, Anna andrà alla Corte Costituzionale”, dice maliziosamente qualcuno, ricordando come tra le tante cose non fatte dal Parlamento c’è anche la mancata nomina del quindicesimo giudice della Consulta dopo le dimissioni di Giuseppe Frigo. Vedremo. Rosy Bindi (Pd) invece è concentratissima sulla relazione finale della commissione parlamentare Antimafia, di cui è stata presidente in questa legislatura. Il futuro, dopo 24 anni a Montecitorio? “Vorrei dedicarmi agli studi, tornare al mio vecchio amore per la teologia. E poi viaggiare un po’”, ha ripetutamente dichiarato l’ex ministra di Sanità e Famiglia. Con una postilla: “Non mi ritirerò a vita privata”. Insomma, la rivedremo ancora, anche se dove per ora non è dato sapere. “Farò quello che fa un settantenne”, taglia corto al telefono Ugo Sposetti, altro pezzo da 90 del Pd che non rivedremo bazzicare al Senato, dove ha passato gli ultimi 5 anni. Ma l’agenda dell’ex tesoriere dei Ds è già molto fitta. “Nel 2021 ci sono i cent’anni della nascita del Pci. Io sto sistemando gli archivi in giro per l’Italia, faremo tante iniziative – ha confessato al Foglio –. Poi mi occupo dell’anniversario di Alessandro Natta”. Mica bruscolini.
Gran riserva – Dall’altra parte della barricata c’è invece Antonio Martino, che a 75 anni, 24 dei quali a Montecitorio, rispetto ad altri non ha più nulla da chiedere. “Andrò in vacanza da qui all’eternità”, dice scherzando l’ex ministro di Esteri e Difesa a La Notizia. Certo, “il mio impegno politico continuerà, resto a disposizione del partito”, chiarisce la tessera numero 2 di Forza Italia. Sul futuro di Angelino Alfano regna invece il riserbo più assoluto. L’ex delfino senza “quid” di Berlusconi, come noto, non si ricandiderà, complici “gli attacchi ingiusti” subiti in questi anni. Ufficialmente, di professione il ministro degli Esteri fa l’avvocato, ma non è detto che la strada sia quella. Anche perché “lascio il Parlamento, non la politica”. Un’altra riserva della Repubblica, insomma, pronta a uscire dalla porta per rientrare dalla finestra, come Carlo Calenda, che ieri si è detto “disposto” a fare il ministro di un Governo “di cui condivido programma e iniziative”.
Penna e calamaio – Per due giornalisti del calibro di Corradino Mineo (Sinistra Italiana) e Massimo Mucchetti (Pd), salvo colpi di scena, la carriera politica dovrebbe invece chiudersi qui. Candidarsi con questa legge elettorale, dice l’ex direttore di Rai News24, sarebbe un caso di “accanimento”. Perciò, a specifica domanda su cosa farà da dopo il 4 marzo, risponde: “Sono 50 anni che non mi fermo, avrò tempo di leggere e scrivere un po’”. Magari come editorialista su qualche giornale, chissà. Più criptico invece l’ex vicedirettore del Corriere della Sera, che la butta in corner: “Non lo so, e poi è un fatto privato”. “Tornerò al mio lavoro, posso dire felicemente”, spiega invece l’ex capogruppo Cinque Stelle Riccardo Nuti, che prima di entrare alla Camera 5 anni fa era analista dati in una società di telecomunicazioni nella “sua” Palermo. E Alessandro Di Battista? Per adesso pensa alla campagna elettorale, col tour che lo porterà pure ad Arcore, Rignano sull’Arno e Laterina, feudi di Berlusconi, Renzi e la Boschi. Poi – come già dichiarato – tornerà a occuparsi di cooperazione internazionale e scriverà per il blog del M5s, “una mia seconda pelle”. A chi lo vede come candidato a Roma al posto di Virginia Raggi in caso di condanna di quest’ultima, “Dibba” risponde tranchant: “Solo sciocchezze”. Chissà…