Dicono che Pippo Civati sia letteralmente furioso. E che pure tra gli altri azionisti (di minoranza) di Liberi e uguali, abbiano molto da ridire. “Se gestiamo un partito che si propone come nuovo con gli stessi vecchi metodi del Pd non andiamo da nessuna parte”, si sfoga un parlamentare uscente ormai rassegnato a saltare il prossimo giro.
Deluso, come tanti altri, dal metodo seguito per la composizione delle liste. Con tanti, troppi paracadutati da Roma nei territori. Dove, temono in molti, penalizzare i candidati locali potrebbe avere conseguenze catastrofiche. “Stiamo assistendo a un vero e proprio suicidio politico”, dice chiaro e tondo, mettendoci la faccia, il deputato Gianni Melilla. Nei collegi plurinominali del ‘suo’ Abruzzo, l’intenzione dei vertici nazionali sarebbe quella di candidare gli uscenti Celeste Costantino e Danilo Leva. Nonostante il documento con un secco no agli ‘esterni’ votato dai dirigenti regionali.
“Si sono mossi come un’agenzia interinale per il collocamento parlamentare di una ristretta oligarchia beneficiata da varie pluricandidature che nel dibattito sulla legge Rosatellum erano state ipocritamente rifiutate. Aggiungendo una spregiudicatezza che raramente ho visto nella mia esperienza politica”, accusa Melilla. Che non sarà ricandidato: “Eppure, come certifica Openpolis, sono il deputato più produttivo dell’intero gruppo di Mdp. Forse sono stato penalizzato per aver lavorato troppo”.