Umberto Bossi era “consapevole concorrente, se non addirittura istigatore, delle condotte di appropriazione del denaro” della Lega, ma proveniente “dalle casse dello Stato”, per coprire “spese di esclusivo interesse personale” suo e della sua “famiglia”.
Condotte portate avanti “nell’ambito di un movimento” cresciuto “raccogliendo consensi” come opposizione “al malcostume dei partiti tradizionali”. Lo scrive il giudice, Luisa Balzarotti, del Tribunale di Milano per motivare la condanna a 2 anni e 3 mesi inflitta, lo scorso 10 luglio, all’ex leader del Carroccio lo scorso 10 luglio e il figlio Renzo Bossi (il Trota) a un anno e mezzo (il fratello Riccardo era già stato condannato con il abbreviato), accusati di aver usato fondi del partito per fini personali, assieme all’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito (per lui pena di 2 anni e 6 mesi). La vicenda è nota. Tra il 2009 e il 2011, Belsito si sarebbe appropriato di circa 2,4 milioni di euro e l’ex leader del Carroccio avrebbe speso con i fondi del partito oltre 208mila euro.
Mentre a Renzo Bossi erano stati addebitati più di 145mila euro, tra cui migliaia di euro in multe, 48mila euro per comprare un’auto e 77mila euro per l’ormai famosa “laurea albanese” del Trota.