La road map è definita. Torneremo alle urne domenica 4 marzo, come deciso dal Governo di Paolo Gentiloni la settimana scorsa dopo lo scioglimento delle Camere da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma per i partiti la prima scadenza segnata in rosso sul calendario è lunedì 29 gennaio, quando cioè andranno depositate le liste. Inutile girarci intorno: stavolta, a differenza delle tre precedenti elezioni Politiche (2006, 2008 e 2013), quando si votò col famigerato Porcellum, non si può sbagliare. Il Rosatellum, la nuova legge elettorale che per com’è congeniata rischia di consegnarci un Parlamento senza una maggioranza certa, non lo permette. Sarà insomma una campagna “corpo a corpo”, per dirla con Matteo Renzi. Dal mazzo perciò ognuno ha tirato fuori i propri jolly. Figure che più di altre hanno un maggiore peso specifico, quelle di cui i leader si fidano ciecamente e alle quali hanno affidato il ruolo di scouter, pronti ad accendere il semaforo verde o rosso nei confronti dei potenziali nuovi parlamentari.
Avanti c’è posto – Il segretario del Pd non ha avuto dubbi e ha “investito” del delicato incarico due dei suoi storici bracci destri: Luca Lotti e Lorenzo Guerini, in rigoroso ordine di importanza. Perché se è vero che l’ex vicesegretario, oggi coordinatore della segreteria dem, ribattezzato “Arnaldo” (come il vecchio leader Dc Forlani) per le sue doti di diplomazia e tattica politica avrà un ruolo fondamentale, sarà comunque il ministro dello Sport – raccontano fonti del Nazareno a La Notizia – a dire l’ultima parola. In compagnia di “Matteo”, s’intende. In casa Pd, la scissione dei bersanian-dalemiani ha risolto parecchi problemi. L’intenzione dell’ex sindaco di Firenze è quella di aprire le liste alla cosiddetta “società civile” candidando, per esempio, il medico anti no-vax Roberto Burioni, Lucia Annibali, l’avvocatessa 40enne sfregiata con l’acido da due uomini su ordine del suo ex fidanzato, Luca Varani, e Paolo Siani, fratello di Giancarlo, il giornalista ucciso dalla camorra nel 1985. A Napoli, la scelta sarebbe un segnale per la legalità. Senza dimenticare la necessità di assegnare seggi alle minoranze interne, che fanno riferimento al ministro della Giustizia Andrea Orlando e al governatore della Puglia Michele Emiliano. Al primo spetta il 20% di posti blindati, al secondo il 10.
Tutti per uno – C’è grande fermento anche dentro Liberi e Uguali, il soggetto politico nato dall’aggregazione di Articolo1-Mdp, Sinistra Italiana (SI) e Possibile e riunitosi intorno al presidente del Senato, Pietro Grasso. Ognuno dei tre partiti ha individuato dei propri punti di riferimento anche se alla fine, ci tengono a sottolineare fonti di LeU, in vista della composizione delle liste ci sarà un coordinamento unitario. Sul fronte dei bersanian-dalemiani, gli “incaricati” sono 3: l’ex responsabile organizzazione della segreteria di Pier Luigi Bersani, Nico Stumpo, più i senatori Maurizio Migliavacca (anch’egli bersaniano) e l’europarlamentare Massimo Paolucci, entrato da poco nel comitato d’indirizzo di Italianieuropei, la fondazione di Massimo D’Alema. SI, invece, ha scelto il senatore (e coordinatore) Giuseppe De Cristofaro e la presidente, Laura Lauri. Mentre Giuseppe Civati si è affidato a Paolo Cosseddu, suo principale collaboratore, e Thomas Castangia, storico volto della minoranza dem in Sardegna, che ha lasciato il Pd a maggio 2015 proprio dopo lo “strappo” del fondatore di Possibile. Grasso in quanto tale ha invece indicato il senese Paolo Rappuoli, già segretario dem di Abbadia San Salvatore.
Magnifici sette – Capitolo Centrodestra. Da esperto di calcio, anche Silvio Berlusconi ha scelto di ricorrere all’“usato sicuro”. È indubbio che la scomparsa dell’ex ministro Altero Matteoli, al quale – fra gli altri – il leader di Forza Italia aveva affidato la gestione dei tavoli per il programma e le candidature considerandolo “imbattibile” nelle negoziazioni sui collegi, abbia complicato le cose. Ciononostante, restano in campo i soliti. Perso per strada Denis Verdini, insieme al sempiterno Gianni Letta ci sono Niccolò Ghedini, Sestino Giacomoni (membro dell’ufficio di presidenza di FI che insieme a Valentino Valentini costituisce il tandem dei collaboratori più stretti e fidati dell’ex premier), il coordinatore degli Enti locali, Marcello Fiori, e Andrea Ruggieri, nipote di Bruno Vespa scelto due anni fa dal Cav come responsabile dei rapporti di FI con le tivvù. Il tutto con la supervisione dei capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani. La Lega, ci tengono a sottolineare fonti vicine al leader, Matteo Salvini, comincerà a occuparsi dell’affaire liste dopo la Befana. Il numero del Carroccio, com’è ovvio, sarà in prima linea per decidere chi entrerà e chi invece resterà fuori. A dargli una mano ci sarà Giancarlo Giorgetti, uno dei “saggi” scelti nel 2013 da Giorgio Napolitano, vero cuore pulsante del Carroccio a trazione salviniana, complici pure le 5 legislature già collezionate alla Camera dal ’96 ad oggi. Giorgetti ha superato indenne qualsiasi “terremoto” interno al partito di via Bellerio, passando dalla leadership di Umberto Bossi a quella di Salvini senza colpo ferire. Non è un caso insomma che la scelta di “Matteo” sia ricaduta su di lui. Al duo Fabio Rampelli–Ignazio La Russa si affida invece Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia).
E il M5S? Per la quota proporzionale punterà ancora una volta sulle “parlamentarie”, già sperimentate in occasione delle ultime Politiche, che si terranno a metà gennaio. Le candidature, aperte sabato scorso, 30 dicembre, si chiuderanno oggi a mezzogiorno. Per quella uninominale l’ultima parola spetterà invece al candidato premier del Movimento, Luigi Di Maio.
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