Futuro è la parola chiave che Sergio Mattarella indica agli italiani nel discorso di fine anno. Dallo studio alla Vetrata al Quirinale, luogo istituzionale in cui si dipanerà il dopo elezioni, il presidente della Repubblica senza gravare di bilanci le sue parole si ritaglia un ruolo di arbitro, fa notare di aver portato il Paese al voto a scadenza naturale e quindi “fisiologica” e chiama ora al loro compito elettori e forze politiche. Gli elettori voteranno, si spera con una forte affluenza, secondo il diritto indicato dalla Costituzione. I partiti faranno le loro proposte, si spera “realistiche e concrete” e tese a governare le novità, per preparare un futuro sempre migliore all’Italia. Mattarella ricorda innanzitutto la Costituzione che è la “casa comune”, diceva Aldo Moro, la “cassetta degli attrezzi” che contiene i valori, i principi e le regole cui i cittadini, la politica e le istituzioni devono affrontare la vita di ogni giorno ma soprattutto affrontare le novità.
Il capo dello Stato mette in guardia dalla trappola di un “eterno presente”: la democrazia deve invece vivere progettando il futuro in una stagione ricca di innovazioni ma anche di nuova attenzione per fenomeni nuovi e da guardare con attenzione come i cambiamenti climatici e le novità tecnologiche. La Costituzione ricorda che è il popolo il vertice della Repubblica, che si esprime con il voto. Ma poi la parola passa a partiti e Parlamento, che insieme scriveranno la “pagina bianca” che si apre dopo il voto. A loro, alla politica, tocca un compito impegnativo. Mattarella la chiama per la prima volta “missione” ed è quella di guidare i mutamenti, perché solo così la parola futuro non sarà più legata al sentimento di “incertezza e preoccupazione”. Come già aveva fatto nel discorso alle Alte cariche istituzionali e politiche il 19 dicembre, il capo dello Stato chiede dunque ai partiti di avviarsi alla campagna elettorale avanzando “proposte realistiche e concrete”. Mattarella si sottrae al compito di formulare indicazioni: “Non è mio compito” spiega. Fino alle elezioni dunque non parteciperà in alcun modo al dibattito politico che si deve svolgere liberamente, e che ha già spiegato deve essere improntato al rispetto reciproco. Pur non dando indicazioni, per vestire sempre più il ruolo di arbitro a maggior ragione fino alle elezioni, il Presidente non si sottrae a indicare un tema centrale, quello del lavoro.
Esso “resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro”. Perché è un principio costituzionale e in ogni famiglia ce ne deve essere almeno uno. Mattarella dunque non guarda al passato, si limita a sottolineare che il 2017 ha portato effetti positivi ed ha prodotto una legge elettorale scritta dal Parlamento, dunque non frutto dalle sentenze incrociate. Il capo dello Stato rivolge anche ai cittadini un appello al voto, che è un diritto. I giovani nati nel 1999 voteranno per la prima volta e il parallelo storico corre ai giovani del 1899 che un secolo fa furono invece chiamati a combattere nella grande guerra. È dunque bene non dimenticare che stiamo vivendo il “più lungo periodo di pace” in Italia e, non a caso, in tutta Europa. Un’Europa citata solo una volta, pur essendo un tema che per il capo dello Stato è fondamentale. Ma intanto nel resto del mondo i conflitti non cessano e si cerca addirittura una anacronistica e pericolosa “corsa agli armamenti nucleari”. Poi il Capo dello Stato rassicura chi vive nelle zone colpite dal terremoto: ammette che c’è stata qualche lacuna nella ricostruzione, ma ricorda che il cratere ha toccato l’intera Italia centrale e assicura che l’impegno c’è stato e “prosegue”.
Oltre ai drammi del 2017, da Rigopiano all’alluvione di Livorno al terremoto di Ischia, il presidente ricorda gli italiani caduti nell’attentato di Barcellona e afferma che si deve “mantenere la massima vigilanza nella lotta al terrorismo”. Un compito che è stato svolto anche quest’anno da tutte le forze dell’ordine e che ha permesso all’Italia di non subire gravi attentati. Mattarella non nasconde che alcuni studi parlano di un Paese “quasi preda del risentimento”. Ma guarda al bicchiere mezzo pieno: “Conosco un Paese diverso, in larga misura generoso e solidale”. Un Paese in cui, accanto al volontariato e ad atti di vero eroismo, ci sono milioni di persone che compiono il loro lavoro, si impegnano “con tenacia e con coraggio”. Insomma, “i problemi che abbiamo davanti sono superabili” se ognuno, anche ai vertici istituzionali, compie la sua parte.