Le concentrazioni di polveri sottili nell’aria continuano ad eccedere i limiti imposti dall’Unione europea, con importanti ricadute sulla salute dei cittadini, come ribadito dall’Agenzia europea per l’Ambiente nell’ultimo report sulla salute dell’aria, l’Air Quality Europe 2017. Il report, riferito a dati del 2015, sottolinea come in tutta Europa il settore dei combustibili fossili a uso commerciale, civile e domestico sia stato il principale responsabili delle emissioni di CO e polveri sottili, quali ad esempio PM2.5 e PM10. Le emissioni di PM in questo settore sono rimaste relativamente costanti tra il 2000 e il 2015, mentre sono aumentate le emissioni di sostanze altamente nocive quali ammoniaca, piombo, cadmio e mercurio. Un inquinamento che ha ricadute economiche e sociali considerevoli poiché accorciandosi la durata della vita aumentano i costi sanitari e si riduce la produttività nei giorni lavorativi.
Alti costi sociali – La situazione risulta particolarmente grave nel nostro Paese. Ssecondo quanto ripreso anche dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel report “La sfida della qualità dell’aria nelle città italiane”, qui si registra il maggior numero di morti premature d’Europa dovute all’inquinamento: circa 91 mila, di cui in particolare 66.630 attribuibili all’esposizione al PM2.5, 21.040 al diossido d’azoto e 3.380 alle alte concentrazioni di ozono. Oltre alle emissioni dei trasporti e quelle di origine industriale, il riscaldamento residenziale, soprattutto a biomasse, è tra i principali responsabili della produzione di queste polveri. Solo in Lombardia la combustione della legna rappresenta una delle principali fonti di particolato insieme al traffico, essendo responsabile, secondo i dati di Arpa Lombardia (Inemar2012) del 25% delle emissioni regionali. Nel settore civile inoltre le biomasse rappresentano la quasi totalità delle fonti di emissioni inquinanti, oltre il 99%. Dati che sfuggono alla percezione generale, nel convincimento che l’inquinamento dell’aria dipenda quasi esclusivamente dalle emissioni delle auto.
La recente ricerca condotta da Innovhub-Stazione Sperimentale per l’Industria della Camera di Commercio di Milano, sulle emissioni di apparecchi a gas, GPL, gasolio e pellet, conferma chiaramente che legna e pellet, anche se certificati ed impiegati in impianti di gamma medio-alta, contribuiscono in maniera significativa all’inquinamento atmosferico. È quindi evidente come sia necessario tenere in considerazione l’esigenza di adottare nelle nostre città soluzioni in grado di abbattere questo rilevante problema, sensibilizzando i cittadini e sviluppando politiche in grado di incentivare l’uso di soluzioni per il riscaldamento a basso impatto ambientale, quali ad esempio il metano e, dove questo non sia disponibile, il GPL che presenta impatti limitati sulla salute delle persone.
Basso impatto ambientale – “Questo combustibile – ricorda Andrea Arzà, Amministratore delegato di Liquigas, leader in Italia nella distribuzione di questo combustibile – presenta infatti livelli quasi pari a zero di emissioni di polveri sottili, genera emissioni limitate di SO2, e NOX e minori emissioni di CO2 oltre a non avere impatto su suolo, sottosuolo e falde acquifere”. Si tratta quindi di una soluzione subito disponibile, che può contribuire in maniera efficace a raccogliere l’allarme lanciato dall’Agenzia europea per l’Ambiente in merito all’impatto della qualità dell’aria sulla salute pubblica.