Repetita iuvant, ma non dalle parti di Camera e Senato. Dove su certe cose i nostri onorevoli proprio non ci vogliono sentire. Come per esempio il tema della regolamentazione dei collaboratori parlamentari. Così, dopo la bufera scoppiata due mesi fa, quando Le Iene pizzicarono il deputato Mario Caruso di Democrazia Solidale-Centro Democratico che non pagava la sua assistente, e l’impegno bipartisan di mettere fine a uno scandalo che va avanti da anni (“Dobbiamo cogliere l’attimo e portare a casa la riforma dei contratti dei collaboratori parlamentari in questo scorcio di legislatura”, si impegnò la presidente della Camera Laura Boldrini), tutto è sembrato sgonfiarsi come una bolla di sapone. Adesso però, con la legislatura ormai ai titoli di coda, le Camere provano a tirare fuori un inaspettato sussulto d’orgoglio. Tanto che domani il tema potrebbe essere fra quelli all’ordine del giorno dell’Ufficio di presidenza di Montecitorio.
Carta canta – Dove si è iniziato a discutere un’eventuale proposta di regolamentazione che sarà sottoposta all’Aicp, l’Associazione dei collaboratori parlamentari presieduta da Valentina Tonti. Secondo indiscrezioni raccolte da La Notizia l’idea sarebbe quella di impegnare 6 milioni di euro all’anno per pagare i contributi dei portaborse. E se da una parte gli assistenti di deputati e senatori aspettano come una manna uno straccio di regole, pena dover ricominciare da capo la discussione nel 2018, dall’altra il malcelato timore è di ritrovarsi di fronte a un “prendere o lasciare” che pregiudicherebbe la possibilità di arrivare a qualcosa di più di un volantino da sbandierare in campagna elettorale dai partiti. Non solo. Una volta messa nero su bianco, la proposta dovrà essere condivisa e discussa dai Questori e dai gruppi parlamentari prima di essere votata proprio in Ufficio di presidenza. Più che un rischio, quindi, quello di un rinvio alle calende greche sembra una certezza.
Malloppo salvo – Tramite l’Aicp, da tempo gli interessati hanno messo sul tavolo una serie di proposte che ricalcano le norme in vigore sia a Bruxelles sia negli altri Paesi Ue. Niente di trascendentale, se non fossimo in Italia: assunzione da parte delle istituzioni (stop quindi a co.co.co, co.co.pro, finti stage, partite Iva e soprattutto al “nero”), contributi previdenziali, ferie, permessi, malattia, maternità e tredicesima. Il che permetterebbe loro di guadagnare più dei 1.000-1.200 euro netti al mese che percepiscono di media oggi, anche se i meno fortunati sono costretti a barcamenarsi fra due-tre onorevoli per arrivare a fine mese. Il tutto mentre ogni parlamentare riceve mensilmente una somma da destinare loro: 4.180 euro i senatori e 3.690 i deputati.
Aspetta e spera – Non solo. Perché se è vero che al peggio non c’è mai fine, è altrettanto vero che nel Palazzo ci sono 4 proposte di legge sul tema, presentate fra il 24 maggio e il 24 settembre 2014. Più di tre anni fa quindi. Tutte, manco a dirlo, ferme al palo. Una di queste porta la firma di Marco Baldassarre, deputato ex Movimento 5 Stelle oggi nel gruppo di Alternativa Libera. “La palla adesso è nelle mani dei Questori della Camera ma, nonostante tutto quello che è successo, come ha puntualmente raccontato la stampa, non hanno fatto nulla”, sottolinea con tono caustico Baldassarre a La Notizia. “Anche in questa legislatura si è persa un’occasione e a pagare saranno sempre i lavoratori”. Ça va sans dire.
Twitter: @GiorgioVelardi