Lentissimo pede. A distanza di sedici mesi dalla prima terribile scossa di terremoto che ha devastato il centro Italia, nonostante il cambio di guardia nella struttura commissariale (Paola De Micheli) e nella Protezione Civile (Angelo Borrelli), la ricostruzione resta ancora un miraggio, tra casette che tardano ad arrivare, contributi di autonoma sistemazione che latitano, strade interrotte e macerie che ancora attendono di essere rimosse. Trylli vive a Campo del Santo, frazione di Accumoli (Rieti). “Se hanno rimosso le macerie? Sarebbe grasso che cola se solo avessero alzato e portato via una pietra”. Nulla. Non è un caso che le casette siano state consegnate in questa zona solo da tre mesi. E da tre mesi Trylli e gli altri stanno conducendo una battaglia forsennata per riavere una strada, l’unica di accesso alla frazione, degna di questo nome. “Dopo mesi di pressing – ci dice – solo l’altro giorno sono cominciati i lavori. Fino ad oggi abbiamo avuto un tratturo, a stento percorribile”. Non che vada meglio altrove. Spostiamoci in Umbria. La strada Tre Valli collega Norcia ad Ascoli Piceno, fino all’Adriatico. Peccato, però, che la Galleria “Forche Canapine” sia bloccata: “È stata devastata dal terremoto – ci racconta Andrea Liberati, consigliere M5s in Regione Umbria, uno dei più attivi nel denunciare i tanti rallentamenti nella ricostruzione – e ora i tempi sono ancora molto lunghi: ci vorranno 235 giorni a partire dalla primavera”. Un’eternità, imputabile, continua Liberati, “alla mancanza di un progetto politico e alla burocrazia, nemica numero uno della ricostruzione”.
Ritardi infiniti – L’esempio che fa ancora Liberati lascia senza parole: per la ricostruzione cosiddetta leggera (quella degli alloggi che hanno subito danni meno strutturali), i termini per presentare progetti già sono stati differiti da giugno a dicembre. “Ed è probabile che vengano ancora rinviati”. La ragione? “In pochi, tra ingegneri e architetti, presentano i progetti, dato che non c’è certezza di ricevere puntualmente i contributi promessi”. E i rallentamenti sono visibili anhe nella consegna delle casette. Gli ultimi dati parlano di 1.441 soluzioni abitative consegnate, di cui 674 nel Lazio, 323 in Umbria, 418 nelle Marche e 26 in Abruzzo. Peccato, però, che le Sae ordinate siano 3.691. Dopo sedici mesi, è stato consegnato il 39% di quanto servirebbe. La situazione più disperata nelle Marche: qui ci sono, come detto, 418 casette su un ordine di 1.843 (il 22%). Ma c’è di più: “Non è tanto che abbiamo aspettato una vita – denuncia Trylli – quanto il fatto che le case cadono a pezzi. La mia ha il pavimento rialzato. E se metto la centrifuga, io qui c’ho una scossa di magnitudo 3.9”. E poi i costi: “Ora c’è l’inverno: è impensabile spegnere per un solo minuto i riscaldamenti nelle casette. Ma poi a pagare siamo noi: oggi proprio (ieri, ndr) mi è arrivata la prima bolletta del gas e già ho pagato quella della luce”.
Il pellegrinaggio – Ma c’è chi ha vissuto momenti ancora più drammatici. È il caso di Attilio Salaroli: aveva aperto a Norcia un piccolo centro salute. Il terremoto gli ha portato via tutto. Ma Salaroli ha avuto la “sfortuna” di avere casa agibile, quindi per lui niente casette. Ma si è ritrovato senza nemmeno un euro. Ed è qui che è cominciato il suo pellegrinaggio: prima cameriere, lui e la moglie, a Camaiore, poi a Rimini, infine a Spello. Un viaggio della speranza per avere soldi e cibo da dare alla propria famiglia. Perché il terremoto ha distrutto una vita. E lo Stato non riesce ancora a rispondere “presente”.
Tw: @CarmineGazzanni